di Raffaella Miliacca
Il 17 marzo 1861 il Parlamento, a Torino, sanciva l'unificazione del Paese proclamando Vittorio Emanuele II re d'Italia. Nella ricorrenza di quella data, in vista delle celebrazioni del Centocinquantenario dell'Unità d'Italia, il presidente della Camera Fini presenta, nella Sala del Mappamondo, il libro di Massimo Nava, "La gloria è il sole dei morti" (Ponte alle Grazie).
Protagonista del romanzo, Nino Bixio, generale a fianco di Garibaldi nell'impresa dei Mille. Accanto alla sua storia, si muovono le vicende dei suoi due fratelli, Alexandre e Joseph.
Il racconto di Massimo Nava, giornalista, corrispondente ed inviato di guerra, prende le mosse nella Parigi del 1872 a rue Jacob, un angolo della città scampato alla furia modernizzatrice di Napoleone III. Uno stanco e invecchiato Nino Bixio bussa alla porta del nipote Maurice, figlio del fratello Alexandre, morto sette anni prima. Ha bisogno del suo aiuto per un'ultima impresa, la costruzione di un mercantile per attraversare il Canale di Suez e intraprendere il commercio nelle Indie Olandesi. L'incontro con il nipote, nella casa dove destini diversi si sono più volte incrociati e divisi, è l’occasione per riallacciare un legame e ripercorrere sogni e avventure degli altri due fratelli di Nino, il ricco e influente Alexandre, amico di Dumas, e il coraggioso Joseph, gesuita in California. Le vicende personali si snodano tra tre continenti e si svolgono sullo sfondo di eventi storici che segnano inevitabilmente le vite dei protagonisti.
"La gloria è il sole dei morti". Perché questo titolo?
Il titolo è una citazione da Balzac, che mi aveva colpito, perché nelle figure del mio romanzo c'è la ricerca della gloria, della consacrazione storica che, in molti casi, non solo per Bixio, arriva dopo la morte. Mi affascina l'idea che la gloria sia una forma d'immortalità per questi personaggi minori. Pur essendo un romanzo risorgimentale, che parla di Napoleone, di Cavour, di Garibaldi, i miei personaggi sono minori, anche se hanno fatto una parte importante della storia d'Italia. Hanno quindi un'importanza notevole, tuttavia misconociuta.
Come nasce la scelta di ambientare un romanzo nel Risorgimento?
La risposta è di carattere personale. Quando ero inviato in Indonesia, durante la dittatura di Suharto, con mia grande sorpresa, sentì parlare di Nino Bixio. Scoprì allora che c'era una pagina del Risorgimento rimasta scono- sciuta e mai raccontata. La storia di un eroe che, dopo aver fatto l'Italia con Garibaldi, parte per i mari d'Oriente. Poi, nella mia esperienza parigina, ho scoperto il fratello francese di Nino, Alexandre. La sua è una storia emblema- tica, molto italiana. Arriva a Parigi povero e immigrato e qui diventa deputa- to, banchiere, uomo d'affari, letterato. Sono personaggi che mi hanno affascinato al di là del fatto storico, proprio come personaggi da romanzo.
Ci sono elementi di attualità nelle vicende dei protagonisti del libro? Passioni e ideali del Risorgimento sono anacronistici?
C’è una vicenda universale. E’ questo il senso del romanzo, il fatto che uno o più uomini, in questo caso tre fratelli, ciascuno a suo modo, mettano in discussione la loro vita, sfidano il destino, cercano un loro destino. Che poi sia la conquista del mare o l’amore per la patria, la fede in Dio o la forza tranquilla di un’esistenza borghese, tutti comunque rischiano la vita, tutti combattono. Mi ha affascinato proprio il coraggio di mettersi in gioco. Sembrano personaggi usciti da un libro di Conrad, segnati dallo spirito di avventura. Bixio lascia addirittura la famiglia per inseguire il sogno di conquista dei mari. Le vicende narrate sono tutte vere, reali, e documentate. Ma non è un libro di storia, è un romanzo storico, che lascia spazio anche alla fantasia di chi legge.