LEGION

di Sandro Calice

LEGION

di Scott Stewart, Usa 2010 (Sony Pictures)

Paul Bettany, Dennis Quaid, Tyrese Gibson, Kevin Durand, Adrianne Palicki, Kate Walsh, Willa Holland, Lucas Black, Jon Tenney, Charles S. Dutton, Jeanette Miller, Yancey Arias, Josh Stamberg, Luce Rains.


La prima volta che Dio ha perso la fiducia nell’uomo, ha mandato il diluvio. Questa volta saranno gli angeli a scendere sulla Terra per portare sterminio e distruzione. Questa è l’idea.

E’ il 23 dicembre. Un uomo cade dal cielo in un vicolo di Los Angeles. Si chiama Michael, è ferito, ma si rialza, si cura e prende tutte le armi che riesce a portare con sé, perché “non c’è più tempo”, dice ai poliziotti che vogliono fermarlo. Nel deserto del Mojave, intanto, uno sperduto ristorante, il Paradise Falls, sta per diventare il luogo decisivo per la sopravvivenza del genere umano. Ci sono il proprietario Bob e il suo cuoco Percy, c’è Jeep, il figlio di Bob, innamorato della cameriera Charlie, ragazza madre incinta all’ottavo mese; c’è una coppia, Sandra e Howard, con la figlia Audrey, in attesa che la loro auto venga riparata, e c’è Kyle, in viaggio per risolvere i suoi problemi familiari. Poi comincia. La televisione, la radio, il telefono smettono di funzionare. Entra una simpatica vecchietta che si trasforma in un mostro sanguinario. E tutt’intorno, uno sciame gigantesco di mosche impedisce a chiunque di allontanarsi. Michael all’improvviso è lì. Il bambino di Charlie, dice, è l’ultima speranza dell’umanità, ma c’è una guerra da combattere.

Alla sua prima prova da regista, Stewart nasce sceneggiatore ed esperto di effetti speciali con la sua “The Orphanage” (“Iron Man”, “Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo”, “Harry Potter e il calice di fuoco”). Le premesse e le intenzioni per “Legion”, inizialmente pensato come un horror puro, poi sfumato e integrato con il thriller e l’azione, erano sicuramente buone. Senza nessuna presunzione di rigorosità religiosa, l’idea di un Dio stanco e finanche capriccioso, di angeli guerrieri per nulla eterei e luminosi, di un arcangelo che mette in dubbio la parola del Padre per eccessivo amore (“tu vuoi dargli quel che chiede o quello che gli serve?”, dirà Michael a Gabriel), dell’uomo che può rivaleggiare anche con gli onnipotenti se ha fede, di un piccolo, squallido posto che diventa il luogo più importante del mondo, per quanto non rivoluzionaria avrebbe potuto funzionare. Dove il film si perde è nello svolgimento della trama: con ridondanti e banali momenti di chiacchiere tra un’azione e l’altra per “spiegare” e per tentare di dare profondità psicologica ai personaggi; con gli angeli e i loro poteri troppo umani per incutere meraviglia; con i “mostri” che somigliano troppo ai troppi zombies della storia del cinema e che alla fine spaventano anche meno; con uno scontro epico ridotto a una lite minore. Si pensa già a un secondo capitolo, c’è ancora tempo per rifarsi.