MINE VAGANTI

di Sandro Calice

MINE VAGANTI

di Ferzan Ozpetek, Italia 2010 (Fandango)
Riccardo Scamarcio, Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Lunetta Savino, Ennio Fantastichini, Elena Sofia Ricci, Carolina Crescentini, Ilaria Occhini, Daniele Pecci, Massimiliano Gallo, Bianca Nappi, Paola Minaccioni, Matteo Taranto, Carmine Recano, Gea Martire, Crescenza Guarnieri.

“Mine vaganti” è una piacevole commedia sulla libertà, dalle convenzioni, dai padri, dai destini già scritti, dalle ipocrisie. Leggera, ondivaga, con una buona colonna sonora (più del celebrato pezzo di Patty Pravo, noi amiamo Nina Zilli), da guardare senza impegno.

Tommaso (Scamarcio) torna da Roma a Lecce perché il padre Vincenzo (uno splendido Fantastichini) ha deciso di dividere le quote dello storico pastificio Cantone tra i due figli. Tommaso ha diverse verità da rivelare alla famiglia: che il suo sogno è fare lo scrittore e non il pastaio, che è laureato in lettere e non in economia e commercio, e soprattutto che è omosessuale. L’occasione è un pranzo ufficiale, ma prima che trovi il coraggio di parlare, lo fa il fratello Antonio (Preziosi), dichiarando anche lui la propria omosessualità e facendo venire un colpo al padre. Tommaso così, temendo che un’ulteriore dispiacere possa essere fatale per il padre, si trova bloccato in una vita che non vuole e in una famiglia composita, con la madre Stefania (Savino), amorevole ma schiava del perbenismo borghese, la zia Luciana (Ricci) malinconica e stralunata ninfomane, e poi Alba (Grimaudo), che lavora nel pastificio, bella, triste, unica scossa emotiva per Tommaso. Infine la nonna (Occhini), con un passato doloroso e misterioso, pericolosamente golosa, saggia e protettiva, didascalia “vivente” di tutta la storia quando dice a Tommaso: “Non farti mai dire dagli altri chi devi amare, e chi devi odiare. Sbaglia per conto tuo, sempre”.

Ozpetek, pur mantenendo temi a lui cari, vira sui registri della commedia all’italiana d’autore, dove però i nomi di Monicelli e Germi, che pure qualcuno ha tirato in ballo, restano esempi lontani. Anche a causa di una sceneggiatura (dello stesso regista e di Ivan Cotroneo) che sembra non scegliere con chiarezza la direzione da prendere, tra commedia, dramma, profondità e macchietta. Così che anche il tema dell’omosessualità e del coraggio che serve per viverla liberamente resta a livello di risatina complice e liberatoria. Rimane il filo rosso della vita e della figura della nonna, che emoziona, e qualche risata sincera, che non è poco.