di Federica Marino
Impressionismo e Natura, un binomio ampiamente acquisito ma che ancora oggi, dopo oltre 150 anni, si rivela fecondo di significati e implicazioni attualissime.
A suggerire un nuovo approccio alla lettura delle opere di questo periodo artistico è la mostra “Da Corot a Monet – La sinfonia della Natura”, che apre il 6 marzo al Complesso del Vittoriano di Roma fino al 29 giugno. Oltre 170 le opere dell’allestimento, in una panoramica del periodo che va dalla seconda metà del XIX secolo al primo decennio del Novecento, dalla Scuola di Barbizon alle Ninfee di Monet. Fil rouge del percorso, la raffigurazione del paesaggio e la mutata percezione che traspare attraverso le innovazioni tecniche.
Barbizon, Francia, nella foresta di Fontainebleau: negli anni Trenta dell’Ottocento il paesino diventa luogo di ritrovo e residenza per un gruppetto di pittori realisti conquistati dai soggetti rurali. Personaggi umili diventano centro della rappresentazione, lasciando il ruolo di comprimari che avevano nella pittura accademica. Il paesaggio naturale sostituisce quello classico e di corte visto fino ad allora: la Senna e la campagna parigina soppiantano Roma, Atene, l’Arcadia, Versailles, e perfino gli squarci eroici del Romanticismo, a favore di una maggiore aderenza alla realtà fisica, geografica, del mondo naturale.
I nuovi soggetti, e l’estrema attenzione alla luce e al suo mutare con lo scorrere del tempo segnano la produzione di Corot (161.jpg), Rousseau, Daubigny(160.jpg), Diaz de la Peña e Dupré; se Barbizon innova il contenuto restando in forme consolidate, saranno altri a consumare la rottura con la tradizione. Tratti veloci e pennellate impastate ed evocative segnano lo scivolamento nell’Impressionismo: la nuova corrente trascina via l’accademia e arricchisce di ulteriori significati la Natura che continua a ritrarre. La forma segue l’impressione del momento ed evoca altro, senza cedere a una visione romantica, idealizzata di una Natura edenica: il paesaggio impressionista fotografa sulla tela il momento storico in cui agisce e sembra aggiungere alla raffigurazione della Natura nella sua manifestazione fisica una maggiore profondità, una mutata percezione del soggetto.
Il curatore della mostra, Stephen Eisenman, parla di una visione olistica e quasi ”ecologista” ante litteram che gli impressionisti sostituiscono gradualmente a quella nominalistica di Barbizon, con forme che variano nel tempo. Si va dalla Natura primigenia e vuota di uomini di Courbet (7.jpg), Boudine e Cazin a quella di Bazille (8.jpg), che pone la figura umana in primo piano ma perfettamente inserita nel paesaggio, invitando quasi a scivolare dall’una dentro l’altro. che fa convivere opere umane e cicli naturali: campi e fabbriche, fiumi e chiuse, spazi di confine tra città e campagna sono il luogo in cui il lungo periodo dei cicli della Terra e le attività umane si confrontano prima e poi confluiscono in un sistema globale.
Sisley che racconta la vita del fiume e dei pescatori (89.jpg e 163.jpg), Pissarro che registra il taglio del bosco e l’arrivo dei borghesi cittadini, nuovi conquistatori di spazi fino ad allora considerati estranei se non ostili, e unisce nella raffigurazione edifici ed elementi naturali, portandoli quasi a condividere la stessa sostanza e consistenza. (93.jpg e 156.jpg) . Il punto di arrivo, dopo il contatto, è la convivenza, l’integrazione tra uomo e natura: nel primo Monet, Eisenman vede una “isola sociale”, un sistema compiuto in sé che armonizza presenza umana e natura. Successivamente l’elemento umano va perdendosi, fino a perdersi nei campi di papaveri (77.jpg) e sciogliersi nell’acqua delle Ninfee(26.jpg), che concludono la sua parabola artistica.
Zeitgeist
La nuova percezione che emerge dalla raffigurazione impressionistica del mondo naturale risente dello “spirito del tempo”: se il Settecento era stato influenzato dall’empito tassonomico di Linneo, l’Ottocento è darwiniano e l’evoluzionismo diventa griglia di lettura e interpretazione del mondo, non solo biologico.
A collegare i due scienziati è il riconoscimento di un ordine, una “economia della natura” ipotizzata da Linneo come equilibrio da mantenere e accettata da Darwin come punto di partenza per l’evoluzione attraverso la selezione naturale. Linneo vede – e cataloga - ogni elemento naturale nel posto dove lo ha messo il Creatore, sottolineando la necessità del mantenimento; Darwin ne ipotizza i cambiamenti – su lasso lunghissimo e in dipendenza da fattori fisici e sociali. Con lo scorrere del tempo e delle idee, la visione statica di Linneo prende forme più dinamiche in Buffon e Von Humboldt, e gradualmente lo schema di base si eclissa dietro le relazioni fra le singole parti che lo compongono. L’ecologia entra in Francia con le opere di Haeckel, che ha coniato la nuova parola, e vi si consolida con quelle di Elisée Reclus, che legge il pianeta come un insieme di sistemi umani e naturali interdipendenti. All’evoluzione concorrono uomo e natura insieme, sostiene Reclus, che non accetta la competizione tra i due ambiti e anzi immagina fiumi e popoli come organismi affini e destinati allo stesso destino: la confluenza in una sola e unica nazione o nello stesso mare.
“L’uomo è la natura che acquista coscienza di sé”, scrive Reclus. Gli Impressionisti lo dipingono.
Nella foto, Canale in Piccardia di Jean-Baptiste Camille Corot (1865-70)