Antonio Caliendo si può definire il papà dei procuratori italiani. Fu lui a far firmare davanti a un notaio (come sono cambiati i tempi…) la prima procura ad un giocatore italiano, nella fattispecie Giancarlo Antognoni, allora centrocampista della Fiorentina e della Nazionale. Era il 16 dicembre 1977. Da allora il manager napoletano, in oltre trenta anni di onorata carriera, ha avuto nella sua scuderia tantissimi campioni: Dunga, Baggio, Diaz, Passarella, Schillaci, Aldair, Caniggia. Addirittura nella finale dei mondiali 1990 a Roma tra Germania e Argentina ben 12 dei 22 giocatori in campo appartenevano alla sua scuderia. Ora cura, tra gli altri, Trezeguet , Ederson e Maicon.
Nel 2004 questo distinto signore, un autentico guru nel campo del calcio mondiale, decise di …cambiare ruolo e, insieme ad altri soci tra cui il suo amico Gianni Paladini, comprò il Queens Park Rangers, una delle società più antiche del Regno Unito, considerata addirittura la squadra della Regina e di Winston Churchill. In pratica fu il precursore dei tanti giocatori ed allenatori che poi hanno invaso l’antica terra degli anglosassoni.
“Ho ricoperto l’incarico di chairman, azionista di maggioranza, per tre anni-dice-,un ruolo certamente insolito per me,visto che fino a quel momento ero abituato a trattare con i giocatori dall’altra parte del tavolo. Presi la squadra in terza serie e la portai in seconda, la loro First Division, vale a dire la nostra serie B. E’ stata una bella esperienza, perché il calcio inglese ti trasmette un fascino enorme. La gente va allo stadio come se andasse ad una festa. La serenità ti permette di gustare comodamente la partita che non dura novanta minuti,ma l’intera giornata. Puoi andare con la famiglia a mangiare ai ristoranti dello stadio, puoi vedere il museo della squadra, puoi fare shopping, insomma la partita non è che un momento della giornata. In Italia è diverso, a cominciare dall’atmosfera meno gioiosa che si respira già in clima pre-partita. Ed il fatto di avere stadi di proprietà è molto importante, in quanto ha in un certo qual modo aiutato a debellare la violenza. Il tifoso, infatti, sa benissimo che commettere un reato in un luogo privato comporta una pena molto più pesante che in pubblico. E in Inghilterra la pena la sconti. Inoltre la collaborazione della gente è costante per segnalazioni, testimonianze, denunce. Senza contare che le pene per gli hooligans sono esemplari, anche senza il verificarsi di incidenti.
Non è semplice acquistare un club inglese,perché vai inevitabilmente a scontrarti con le lobbies a livello finanziario che fanno parte del tessuto sociale. E questo comporta che ogni società ha una miriade di amministratori (stadio,ristorante,centro tecnico,marketing ed altro) ed alla fine perdi il controllo della situazione. Ed è quello che, seppure in parte, è accaduto a me. A quel punto, visto che non riuscivo a controllare tutto come pretendevo, ho avuto delle divergenze con i soci e me ne sono andato, assumendomi le responsabilità. Soltanto che poi ho ceduto il club a delle persone sbagliate”.
Lei che ha vissuto ogni sfaccettatura del calcio inglese, come spiega che, nonostante stadi sempre pieni, introiti televisivi da favola, vittorie prestigiose, merchandising lucroso, i club siano sull’orlo del baratro finanziario?
“Partiamo da un presupposto: in Inghilterra se tu tardi a pagare di un giorno gli stipendi (il 25 di ogni mese le maestranze, il 27 i giocatori e lo staff tecnico) scatta un meccanismo infernale: ti cominciano a chiamare radio,televisioni, la lega ti blocca i crediti, le banche ti chiudono i fidi. Io questa esperienza non bella l’ho vissuta a causa di un disguido bancario, parliamo di un ritardo di un’ora, e, sinceramente, non la raccomando ad alcuno. Fortunatamente risolsi tutto subito,dimostrando che l’errore era imputabile alla banca. In Italia,invece, è diverso, nel senso che puoi prendere tempo e dilazionare. Il rovescio della medaglia è che in Inghilterra i club ricorrono in maniera massiccia ai finanziamenti delle banche, che servono anche per pagare gli emolumenti ai tesserati. E questo sistema ti porta a pagare sempre più interessi passivi. Ed alla fine, anche perché il club,come detto prima, è diviso in tante settori, ci capisci sempre di meno. Se a questo aggiungi anche una cattiva amministrazione, allora fai presto ad accumulare debiti. Da noi, invece, l’organizzazione societaria è più snella ed all’apice della piramide vi è un presidente che segue più da vicino la vita della società”.