L’ennesima puntata della telenovela che sta agitando il calcio anglosassone è andata in onda sabato scorso. Terry e Bridge si sono ritrovati di fronte in occasione del match Chelsea-Manchester City. Tutti erano incollati davanti allo schermo per vedere se Bridge avrebbe stretto la mano a Terry, colpevole di aver fatto sesso con la sua fidanzata. Niente da fare, la stretta di mano non c’ è stata, in barba al protocollo del fair play. Bridge ha fatto quello che tutti si aspettavano, tanto che anche i bookmakers davano il mancato saluto a una quota molto bassa (8 a 11). Sullo sfondo, la crisi economica che rischia di affondare i Club, la cui sopravvivenza è messa a rischio da forti esposizioni bancarie e spaventosi interessi passivi, da un regime fiscale passato al 50% e dalla svalutazione della sterlina sull'euro.
La Premier League, considerato il campionato più bello del mondo, detiene un singolare duplice record: il più alto debito (3,8 miliardi di euro, il 56% del totale europeo) e il più alto fatturato (1.059 miliardi di euro). Una contraddizione facilmente spiegabile, visto che i ricavi non coprono più le ingenti spese sostenute per l’acquisto e l’ingaggio dei giocatori (+12% annuo). E questa corsa sfrenata non fa che lasciare un peso determinante sui conti societari,già in perenne deficit. L’idea del fair play finanziario del presidente dell’Uefa,Michel Platini,ovvero un sistema di controllo che limiti la capacità di indebitarsi dei club, pena l’esclusione da campionati e coppe internazionali, non sembra trovare adesioni da parte dei maggiori club. Così anche la data di partenza del 2012, anche alla luce del fatto che le regole devono ancora essere scritte, rischia di slittare.
Allarmante il rapporto finanziario stilato dall’Uefa che si riferisce al 2008: la perdita complessiva dei 732 club europei di prima divisione è di 578 milioni di euro (nel 2007 erano stati 515), mentre l’ indebitamento è di 7 miliardi di euro. Il campionato inglese,come scritto sopra, ha dunque più della metà del deficit. Ed il dato riguarda solo 18 società su 20,visto che non sono state prese in considerazione il Portsmouth (primo club inglese a finire in amministrazione controllata) ed il West Ham (in gravissima crisi, ora però ceduto ad un nuovo gruppo). Indubbiamente l’aumento dell’aliquota fiscale, passata dal 40 al 50% per i contribuenti che guadagnano più di 110 mila euro netti all’anno, ha fatto lievitare in maniera consistente il costo degli stipendi. Come se ciò non bastasse anche la svalutazione massiccia della sterlina, ormai vicina all’euro, ha innescato nuovi problemi , con grave danno verso chi non ha risorse economiche adeguate E questo nonostante la Premier sia di gran lunga il torneo che incassa di più dai diritti televisivi ed altre attività commerciali (in media 122 milioni di euro a club, davanti alla Bundesliga tedesca con 79). Insomma la crisi non risparmia alcun settore economico e così,dopo le banche e le aziende, va ad intaccare pesantemente anche il mondo del calcio. Ed i club inglesi ne fanno maggiormente le spese, visto che sono legati maggiormente ai gruppi finanziari.
Nella classifica dei debiti al primo posto figura il Manchester Utd con 723 milioni. Il club di Glazer, certamente il più ricco al mondo per valore complessivo, sta ristrutturando il proprio debito con una operazione finanziaria anomala, almeno per il mondo del calcio:l’emissione di un maxi bond da 500 milioni della durata di sette anni per frenare un debito che in soli tre anni (dal 2005 al 2008) è esploso da 560 a 723 milioni di euro. Da tenere presente che il Manchester Utd, che paga annualmente 73 milioni di interessi, ha incassato 90 milioni dal Real Madrid per la cessione di Cristiano Ronaldo ed ha un fatturato annuo di 360 milioni. I proprietari del Chelsea (il russo Abramovich) e del Manchester City (lo sceicco Al Mansour) hanno invece pensato di utilizzare un sistema più semplice, ovvero convertire il proprio indebitamento in azioni, rispettivamente di 380 e 339 milioni (+ altri 100 da spendere per rinforzare la squadra). In entrambi i casi hanno messo a disposizioni le enormi fortune personali. L’Arsenal, invece, è riuscito a ridurre il proprio deficit del 40%, portandolo da 374 a 229 milioni, grazie alla vendita di 261 appartamenti nel complesso residenziale di Highbury Square. Annaspa anche il Liverpool (335 milioni di debito), i cui proprietari statunitensi hanno rimandato alle calende greche la costruzione del nuovo stadio destinato a sostituire il mitico Anfield Road. In crisi anche il Newcastle (120 milioni) ed il Tottenham (75 milioni), mentre il Newcastle è in vendita. E’ sfumato, invece, il sogno di Massimo Cellino, presidente del Cagliari, di acquistare il West Ham, rilevato dagli ex proprietari del Birmingham, Gold e Sullivan.