Le azioni da fare, secondo Legambiente, in uno dei settori più critici dal punto di vista di sostenibilità, riguardano i problemi legati ai rifiuti. Protagoniste per la gestione dei rifiuti sono le Regioni. A loro spetta la pianificazione e la progettazione del settore puntando -consiglia Legambiente- ad abbandonare il modello"discarica" a favore di quello delle cosiddette "4 R": riduzione, riuso, riciclo, recupero energetico.
La situazione della raccolta differenziata in Italia è particolarmente eterogenea, con regioni storicamente avanzate (Veneto e Lombardia), regioni avanzate di recente (Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, ma anche Sardegna) e regioni storicamente arretrate nel Sud, con qualche eccezione a livello comunale. La sfida è quella di promuovere una filiera virtuosa, attivando politiche di prevenzione e la raccolta differenziata domiciliare in tutti i comuni, aumentando il costo di smaltimento in discarica con l'ecotassa regionale e prevedendo sconti per i comuni più virtuosi, realizzando l'intera filiera di impianti per il recupero e riciclaggio (trattamento della frazione organica, raccolta di rifiuti elettrici ed elettronici, ecc).
Un'altra sfida da affrontare, dice l'associazione, riguarda le cave: nella maggior parte delle Regioni mancano piani delle attività estrattive, con sommo gaudio di organizzazioni criminali dedite all'ecomafia.
In Italia ci sono circa 6mila cave attive e oltre 10mila abbandonate. Sono pari a circa 142milioni di metri cubi i materiali estratti ogni anno tra inerti, sabbia, ghiaia. Puglia, Lombardia e Lazio da sole raggiungono il 50% del totale. La normativa nazionale al riguardo risale al 1927, e in larga parte delle Regioni la situazione è del tutto inadeguata per un attività che ha un fortissimo impatto sull'ambiente e il paesaggio. Pochissime regioni escludono le aree ambientalmente sensibili dall'attività e in metà addirittura mancano (Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna).
A fronte degli esorbitanti guadagni realizzati da chi cava, i canoni di concessione sono drammaticamente irrisori. Il totale nazionale per regioni non arriva nemmeno a 53 milioni di euro rispetto al miliardo e 735 milioni di euro l'anno ricavato dai cavatori.
L'obiettivo, secondo Legambiente, consiste nel completare il quadro delle regole e aumentare il controllo, adeguando i canoni di concessione ai modelli europei: con canoni di concessione pari a quelli inglesi (20% del prezzo di vendita), per esempio, si avrebbero nuove entrate per 570milioni di euro ogni anno. E puntare al recupero degli inerti attraverso la creazione di filiere virtuose gestite dalla stesse imprese edili.