Atlante delle crisi


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Se essere ivoriani diventa un rebus

Da vent’anni l’ivorianità al centro del dibattito politico abidjan_mercato_296

La Costa d'Avorio è in gran parte priva di anagrafi e conta una forte presenza di stranieri (40% circa), immigrati ai tempi d'oro del caffè e del cacao.

La registrazione degli elettori è stata completata nel giugno 2009, ma le contestazioni continuano a fioccare.

Migliaia di elettori sono stati esclusi perché il loro cognome ha assonanze straniere. Spesso dimostrare la verità di tali presunzioni è stato impossibile. Molti annullamenti hanno coinvolto il Nord musulmano, suscitando le proteste dei partiti locali, che denunciano "metodi nazisti". Gli scontri si sono moltiplicati a macchia di leopardo.

Lo scioglimento della Commissione elettorale è stato l'ultimo capitolo della "saga" sull'ivorianità, che ha permeato la politica locale nell'ultimo ventennio e provocato il conflitto del 2002.

In termini generali, l'ivorianità indi- ca l'identità nazionale in un Paese composto da una pletora di gruppi etnici e diviso in quattro aree geografico- culturali piuttosto disomogenee.

Il concetto è stato strumentalizzato in chiave xenofoba da alcuni partiti del Sud, dove vive il 65% cristiano della popolazione.Molte leggi,da quella sulla cittadinanza a quella sull'acquisto di immobili, si richiamano all'ivorianità.

L'articolo 35 della Costituzione prevede che possa candidarsi alla presidenza della Repubblica soltanto chi può dimostrare di avere tutti e quattro i nonni nati in Costa d'Avorio.

Secondo Alassane Ouattara, ex premier e leader dell'opposizione, la norma punta a estromettere dal potere il 25% della popolazione musulmana che vive nel Nord e in particolare il gruppo Malinké, che spesso porta cognomi che possono sembrare stranieri a chi vive nel Sud. Il contestato articolo è in fase di revisione, ma sono in molti, in seno alla maggioranza, a chiedere un referendum che invece lo confermi.

La questione dell'ivorianità non si era posta finché cacao e caffè hanno garantito quella ricchezza che negli anni '70 e '80 fece della Costa d'Avorio una potenza regionale.

Come in altri Stati africani, anche in Costa d'Avorio la dittatura, appoggiata in modo più o meno esplicito dall'Occidente, ha garantito stabilità e una certa competitività economica.

Il crollo del prezzo delle materie prime e la parallela introduzione del pluralismo politico hanno rotto quei filo sottile su cui si reggevano economia e convivenza tra etnie e religioni. Oggi gli attriti appaiono esasperati.