Che cosa è cambiato per le donne in Afghanistan dal 2001?
"Sicuramente c'è stato un miglioramento generale delle condizioni di vita di tutti gli afghani. Per le donne, in particolare, c'è stata un'apertura in una prima fase e poi, invece, negli ultimi anni c'è una tendenza a rinchiudersi di nuovo in un conservatorismo pesante. Tuttavia la condizione delle donne nel Paese è migliorata in molte cose". Lo dice a Televideo Simona Lanzoni, direttore dei Progetti Pangea Onlus.
Karzai rivedrà la legge per gli sciiti che consente lo stupro in famiglia?
"Purtroppo non credo".
"La legge per la comunità sciita è stata già rivista a luglio spostando semplicemente l'ordine degli articoli più discriminanti che sono passati in fondo al testo.La comunità internazionale non ha fatto abbastanza pressione affinchè ci fosse un vero cambiamento del testo".
Questa legge ricade di fatto su tutte le donne afghane?
"No, solo sulla comunità sciita che è il 10% della popolazione. I conservatori hanno ottenuto da Karzai questa legge in cambio del loro sostegno alle elezioni di agosto. Ora bisogna vedere se il testo di una legge contro la violen- za di genere voluto dalle donne afghane potrà cambiare qualcosa".
Il progetto Pangea per migliorare la condizione delle donne afghane, applicato a Kabul, potrebbe essere esteso?
"Noi lavoriamo molto sull'emporwement delle donne,cerchiamo di renderle indipendenti rispetto al reddito familiare perchè diventino microimprenditrici. Da qui si lavora per la loro alfabetizzazione, sulla loro consapevolezza dei diritti e della salute.
E' fondamentale, ed è una delle richieste più grandi da parte delle afghane alla Conferenza di Londra, riuscire a dare alle donne afghane un'autonomia economica che possa permettere di cambiare il loro ruolo nella famiglia".
"Sicuramente il progetto può essere esteso ad altre zone dell'Afghanistan, dove ci sono una realtà commerciale trainante e delle donne reattive, dove c'è, insomma, la possibilità di coinvolgerle. Ci sono aree super-conservatrici dove alle donne viene vietato di uscire di casa ed è impossibile applicare il nostro progetto.Queste zone sono ampie: le zone rurali e soprattutto al Sud".
Quali sono le maggiori difficoltà che le Ong locali incontrano?
"Innanzi tutto la mancanza di fondi, le Ong afghane hanno pochissimi fondi ri- spetto alle altre Ong.Negli ultimi anni i fondi si stanno riducendo".
"I fondi si stanno riducendo perchè c'è una delusione della comunità internazionale sui risultati in Afghanistan e soprattutto le donne hanno sempre poca voce e vengono "bypassate".
Condividiamo l'appello del Comitato Onu contro la discriminazione di genere, che è preoccupato per la mancanza di strategie chiare sulla tutela dei diritti delle donne in Afghanistan. Le donne afghane sono oltre la metà della popolazione. E' assurdo non dare loro il giusto spazio nel processo di ricostruzione e democratizzazione del loro Paese".
Che cosa potrebbe cambiare il futuro delle donne in Afghanistan?
"Sicuramente la pressione internazionale sui politici, e non solo su Karzai.
E' necessaria poi una ridistribuzione dei fondi internazionali per la ricostruzione di questo Paese. Bisogna far arrivare maggiori risorse economiche alla popolazione, per esempio agli impiegati del settore pubblico.
Occorrono fondi per la ricostruzione ma anche per il rilancio dell'agricoltura, dell'economia. Bisogna creare con molto impegno e realmente delle alternative alla produzione di oppio".
Gli ultimi rapporti parlano di un aumento della violenza contro le donne in Afghanistan.
"Sì è vero,anche a causa di delinquenza e povertà. L'aumento della delinquenza, compresa quella organizzata intorno al commercio di oppio,ricade sulla popola- zione più debole. Le donne vengono così di nuovo rinchiuse dentro casa. Bisogna poi dire che ora si parla di più della violenza contro le donne afghane e que- sto è positivo per cambiare le cose. Sono anche aumentati gli attacchi dei talebani contro le donne e contro scuo- le frequentate da bambine e ragazze".