di Carla Toffoletti
Intervista a Beppe dell’Acqua, direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste, la città simbolo del funzionamento della legge 180, che rimette al centro la persona e i suoi bisogni.
Perché questo convegno e cosa è salute mentale oggi?
Il convegno è per rispondere a una sorta di responsabilità convocatoria che Trieste ha acquisito in questi anni . E’ qualcosa che non riguarda solo i triestini, riguarda una rete ormai diffusa in tutto il mondo. Oggi, piu’ che in altri momenti, si sente la necessità di riaffrontare e discutere quelli che sono i temi cruciali intorno a salute e malattia mentale. Riferimenti culturali, etici . Come se di tanto in tanto avessimo bisogno di trovare un vocabolario di parole per comunicare, per dire. Anche perche’ le parole sono molto consunte, sono molto appiattite. Poi c’e’ la necessita’ di costituire e rafforzare questa rete. Molti lavorano in situazioni difficili in giro per il mondo, perche’ lavorare su malattia mentale e di salute puo’ farti diventare antagonista e metterti ai margini. Per questo serve una rete che possa dare energia, forza e riconoscimento.
Che cos’é la 180? Parliamo di una legge che ha 32 anni e ha già subito oltre 50 disegni di legge di modifica.
E’ l’unica legge che non è stata cambiata. Rappresenta una stagione straordinaria di mutamenti. Se ne parla troppo e male. La legge 180 è la restituzione di diritti alle persone con disturbo mentale. Non più il malato di mente pericoloso per sé e per gli altri, ma una persona bisognosa di cure. Un cittadino a cui lo Stato deve garantire un fondamentale diritto costituzionale. Non la si può cambiare, significherebbe rimettere le persone non tanto nei manicomi, ma in una dimensione di diritto di serie b. Il problema, ancora una volta sono le pratiche. La legge 180 ha dato mandato a tutte le Regioni di istituire servizi, strutture, mettere in campo risorse. Sono le Regioni che la devono recepire e attuare, e questo purtroppo nel nostro Paese è avvenuto a volte bene, a volte , male, a volte malissimo. Ma questo è un altro discorso. Lo ha spiegato molto bene il ministro Fazio in un’intervista recente di ottobre: "Di toccare la 180 non se ne parla, è una legge eccellente e come tutte le leggi eccellenti può avere dei momenti di criticità. Il problema che noi abbiamo - dice Fazio - è andare a vedere cosa succede realmente nelle varie Regioni e da lì ripartire. Penso che Fazio non poteva essere più basagliano.
Un bilancio a 30 anni dalla riforma avviata nel ‘78?
E’ un bilancio straordinario. Da allora le pratiche della psichiatria vengono toccate alla radici. E’ un capovolgimento ormai irreversibile: "il malato e non la malattia". Da allora le persone che vanno incontro al disturbo mentale non entrano in una dimensione di destino chiuso, o di chiusura di futuro. Possono continuare a stare dentro una dimensione di “possibilità”, stare su una soglia, tra normale e anormale, tra salute e malattia, tra star fermo e muoversi, tra sperare e disperare, e questo è un valore enorme. Penso che le persone lo stiano capendo in questi giorni, guardando la fiction di Raiuno. Basaglia non guarisce le persone, ma restituisce loro “possibilità”. Questa è la legge 180. I malati di mente, gli internati, i senza diritto, i soggetti deboli diventano cittadini. Cambiamenti legislativi, culturali, istituzionali hanno restituito la possibilità ai malati di mente di sperare di rimontare il corso delle proprie esistenze, perfino di guarire.