Atlante delle crisi


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Insidie africane in un mare di greggio

La Nigeria da 3 mesi senza leader oleodotto_nigeria_296

Il più popoloso Paese africano, nonché 8° esportatore mondiale di petrolio, affronta in questi mesi le insidie di una profonda crisi istituzionale.

Di fatto, la Nigeria è da tre mesi senza presidente;il persistente mistero sulla natura delle cure cui il capo dello Stato Yar'Adua si sta sottoponendo in Arabia Saudita non fa che accentuare il pericoloso clima di incertezza.

Sullo sfondo, i rischi legati a due forme di terrorismo: a Sud, le rivendicazioni dei gruppi armati confluiti nel Mend, a Nord gli eterni conflitti etnico-religiosi, con Al Qaeda pronta a dare man forte agli islamici.

La notizia più inquietante per i mercati mondiali è stato l'annuncio della rottura delle tregua da parte del Mend, il Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger.

Attivo dal 2005, il Mend si propone di unire tutti i gruppuscoli di miliziani attivi nella ricchissima regione al Sud del Paese in nome di un'equa distribuzione dei proventi del petrolio. Combatte "un sistema politico corrotto, asservito alle multinazionali, e la catastrofe ambientale da esse provocata".

Il 70% degli abitanti della zona vive oggi con meno di due dollari al giorno. Per il Mend,sono "ridotti in schiavitù"

Il 30 gennaio, il portavoce del Mend ha avvertito sull'imminenza di una nuova ondata di sequestri e attacchi agli impianti petroliferi, rompendo la tregua dichiarata il 25 ottobre 2009.

Il Mend aveva aderito a un cessate il fuoco voluto dal presidente Yar'Adua. Migliaia di miliziani avevano allora deposto le armi in cambio di un'amnistia e del pagamento di un risarcimento in contanti da parte dello Stato.

Secondo alcuni osservatori, a violare la tregua oggi è solo una fazione del movimento, insoddisfatta perché il governo non ha mantenuto alcune delle promesse formulate.

L'annuncio del Mend è giunto in un mo- mento d'oro per le aziende petrolifere attive in Nigeria, mentre il prezzo del greggio ha rimesso le ali.

La produzione di petrolio nigeriano è tornata al di sopra dei due milioni di barili al giorno, il doppio della scorsa estate, benché sempre al di sotto del record di 2,6 milioni al giorno prodotti nel 2006.

La causa della crisi del settore, nei mesi scorsi, è direttamente imputabile agli attacchi terroristici: sabotaggi agli oleodotti, attentati a impianti a terra e off shore e rapimenti di lavoratori del comparto.

Le prime conseguenze del ritorno alla tensione sono già tangibili: in seguito ad alcuni atti di vandalismo a un oleodotto, la Shell ha fermato parte della sua produzione.

Al colosso anglo-britannico, presente dai tempi delle colonie, si affiancano Bp, Chevron-Texaco, Total-Elf, Exxon- Mobil e Agip.

Il petrolio rappresenta il 95% dell'export e l'80% delle entrate nigeriane. Secondo uno studio pubblicato dalla "Review of African Political Economy", a beneficiare delle rendite petrolifere è stato l'1% dei nigeriani, che per lo più ha trasferito i guadagni all'estero