di Sandro Calice BROTHERS
Di Jim Sheridan, Usa 2009 (01 Distribution)
Tobey Maguire, Jake Gyllenhaal, Natalie Portman, Sam Shepard, Bailee Madison, Taylor Geare, Patrick Flueger, Mare Winningham, Clifton Collins Jr., Josh Berry.
Basato sul film “Non desiderare la donna d’altri” (2004) di Susanne Bier, “Brothers” è un altro film che entra in quell’universo mutevole, sorprendente, consolatorio, spesso feroce che è la famiglia, questa volta devastata dall’ombra della guerra.
Sam Cahill (Maguire) è un capitano dei marines pluridecorato e in procinto di partire per un’altra missione in Afghanistan. Figlio prediletto di Hank, veterano del Vietnam burbero e segnato dalla guerra, marito amorevole di Grace (Portman), la moglie che tutti sognano, padre inappuntabile di due bambine e fratello maggiore di Tommy (Gyllenhall), la pecora nera della famiglia, sempre in bilico tra un boccale di birra e la prigione. La missione sarà l’inizio della fine di questa vita “perfetta”. Sam viene dato per morto quando il suo elicottero viene abbattuto. Sorprendendo tutti, se stesso per primo, sarà Tommy a prendere in mano la situazione, assumendosi la responsabilità della famiglia del fratello. Il dolore creerà un legame tra Tommy e Grace, che entrambi vivranno con senso di colpa. Fino al ritorno di Sam. Ma è un altro uomo quello che la guerra ha risputato indietro, un’anima distrutta e distruttiva. L’amore del fratello, della moglie, della famiglia potrebbero non bastare a salvarlo ancora.
Sheridan (“Il mio piede sinistro”, “Nel nome del padre”) inserisce il tema del reduce in un melodramma familiare. Improprio scomodare illustri precedenti (“Il cacciatore” innanzitutto), perché “Brothers” è soprattutto e semplicemente la storia di due uomini, uno che vede crollare la sua vita, l’altro che, simmetricamente, ricostruisce la propria assumendo un ruolo che non gli era mai appartenuto. In questo progressivo e traumatico scambio di “identità” sta il fascino del film, che come un pezzo teatrale poggia tutto sulle interpretazioni dei protagonisti (bravo Gyllenhall, meno convincente Maguire). L’atmosfera è ovattata, sospesa, quasi alienante, da finta calma prima della tragedia. Eppure c’è una sensazione di incompiuto e di artificioso che scivola senza soluzione fino al finale.