L’UOMO NERO

di Sandro Calice

L’UOMO NERO
di Sergio Rubini, Italia 2009 (01 Distribution)
Sergio Rubini, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Gifuni, Guido Giaquinto, Anna Falchi, Margherita Buy, Maurizio Micheli, Vito Signorile, Mario Maranzana, Mariolina De Fano, Vittorio Ciorcalo, Isabella Ragno.

Rubini torna a Sud, che ovviamente non è una coordinata geografica ma un luogo dell’anima, per raccontarci una commedia dei sensi, come gli piace dire: l’amarcord di un uomo che, costretto a fare i conti col proprio passato, capirà quanto poco l’aveva capito.

Gabriele Rossetti (Gifuni) torna in un paesino della Puglia per l’ultimo saluto al padre Ernesto (Rubini). Il paese, le persone, il padre, gli riporteranno alla memoria la sua infanzia. Alla fine degli anni 60 Gabriele (Giaquinto) vive con la madre Franca (Golino), lo zio Pinuccio (Scamarcio) e il padre Ernesto, capostazione frustrato perché suo padre gli impedì di fare il liceo artistico e di coltivare il suo talento di pittore. Per Ernesto è un’ossessione e a peggiorare il suo umore ci sono i due notabili del paese, che gli consigliano continuamente di lasciar perdere. Nonostante la forza e la pazienza della madre Franca e l’allegria da vitellone incallito dello zio Pinuccio, Gabriele soffre gli sbalzi d’umore del padre, lo vede debole ed egoista, mentre lui, che ha un’immaginazione scatenata, deve vedersela da solo con i fantasmi dei racconti della madre e con un terrificante uomo nero, che però in fondo, lo spaventa meno del padre. Poi un giorno, alla pinacoteca della vicina Bari, arriva in mostra un quadro di Cèzanne. Gabriele non può nemmeno immaginare quanto quel dipinto cambierà la sua vita.

“L’uomo nero” è una commedia divertente e intelligente, forse appena meno “leggera” rispetto a precedenti lavori proprio perché Rubini, sempre più convincente come regista, qui affonda la macchina da presa nei temi che gli sono più cari. Il padre dell’attore, del resto, come quello del co-sceneggiatore Starnone, era ferroviere e pittore. Ma più che un’autobiografia, dice Rubini, questo film “è una sincera menzogna, dove tutto è vero e tutto è falso: perché finisci per raccontare quello che avresti voluto vivere più che quello che ha vissuto”. Fatto sta che il tema del rapporto col padre è al centro della scena: il faticoso percorso che ogni figlio fa – o dovrebbe fare – di arrivare a vedere il genitore come persona e non come ruolo. Poi c’è il “fastidio” per certa provincia del sud, quel luogo esemplare di pregiudizio e immobilismo, dove la frase “ma dov’è che vuoi andare?” è la temibile formula che castra ogni velleità. E infine, marginale ma non troppo, c’è la favola: divertitevi a trovare le similitudini con i personaggi di Pinocchio.