L'Arabia saudita, Stato di rigorosa fede wahhabita, sembra essere scesa in pista non tanto per motivi religiosi quanto politici.
Nei giorni scorsi, le truppe di Riad hanno dichiarato di aver ripulito una zona strategica di confine dai ribelli sciiti, catturando 150 tra combattenti somali ed etiopi.
I ribelli Huthi smentiscono tale versione dei fatti, affermano di controllare la zona in questione, negano che tra le loro fila militino stranieri, e soprattutto escludono ogni legame con Al Qaeda, rete terroristica di chiara matrice sunnita.
Il 25 novembre, il governo di Sanaa chiudeva due ospedali gestiti dalla Mezzaluna Rossa iraniana, ufficialmente per mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi. Lo stesso giorno, centinaia di manifestanti chiedevano l'espulsione dell'ambasciatore iraniano.
Sono le ultime schermaglie che da tempo oppongono Yemen e Arabia Saudita all' Iran di Ahmadinejad. Riad e Sanaa accusano Teheran di armare la guerriglia e addestrarla con operatori di Hezbollah.
L'Iran respinge ogni accusa e, con il ministro Mottaki, avverte l'Arabia Saudita: "Chi getta benzina sul fuoco finirà col bruciare se stesso".