di Sandro Calice
LA PRIMA LINEA
di Renato De Maria, Italia 2009 (Lucky Red)
Riccardo Scamarcio, Giovanna Mezzogiorno, Fabrizio Rongione, Dario Aita, Michele Alhaique, Lino Guanciale, Angelo Campolo, Piero Cardano, Claudia Coli.
L'errore sarebbe considerare questo film come un “saggio” su un periodo spaventoso della nostra storia recente, il terrorismo, sul quale il cinema italiano ha indagato poco. Un errore che ha spinto qualcuno a polemizzare sul sovvenzionamento statale, al quale la Lucky Red ha rinunciato, per un malinteso rispetto verso le associazioni delle vittime, mentre Sergio Segio, tra i fondatori di Prima Linea e autore del libro “Miccia corta” a cui è liberamente ispirato il film, ci ha tenuto a far sapere che il risultato non lo soddisfa.
E' il 1989. Sergio (Scamarcio) è in carcere a scontare la sua pena. E racconta. Racconta di quel 3 gennaio del 1982 quando mette insieme un gruppo armato per assaltare il carcere di Rovigo e liberare quattro detenute, tra le quali Susanna (Mezzogiorno), la donna con cui ha condiviso idee, sentimenti e scelte di vita. La preparazione dell'assalto e il viaggio verso il carcere sono l'occasione per Sergio di ripercorrere i momenti della sua giovane vita (ha solo 26 anni) che lo hanno portato fino a quel punto. Gli ideali, i sogni, il passaggio alla clandestinità e alla lotta armata, gli orrori, gli omicidi, gli amici persi per strada. Quell'assalto, nelle intenzioni, è il momento finale di una storia che è finita già da tempo. Raccontarla vuol dire che non è andata come immaginato.
“La prima linea” è soprattutto una fredda storia d'amore tra un uomo e una donna (bravi Scamarcio e Mezzogiorno). De Maria (“Hotel Paura”, “Paz”, “Amatemi” e per la tv “Distretto di polizia”), con l'aiuto della sceneggiatura, tra gli altri, di Petraglia, non ha la pretesa di raccontare in modo esaustivo e con oggettività storica quel periodo. Non giudica e non giustifica. Quello che fa bene è mostrarci in una luce livida l'atmosfera di agonia che si respirava in quegli anni. “Pensavamo fosse l'alba, invece era il tramonto” dice il protagonista. E ci viene restituito il senso di scollamento dalla realtà che le ideologie provocavano (e provocano), l'incapacità di relazionarsi con chiunque fosse al di fuori del clan, del gruppo, l'analfabetismo sentimentale che basta un neonato a smascherare. Ecco, visto così, senza pregiudizi, “La prima linea” è un buon film.