di Sandro Calice
SEGRETI DI FAMIGLIA
di Francis Ford Coppola. Argentina, Usa 2009 (BIM)
Vincent Gallo, Maribel Verdú, Alden Ehrenreich, Klaus Maria Brandauer, Carmen Maura, Rodrigo De La Serna, Mike Amigorena, Sofía Castiglione, Francesca De Sapio, Erica Rivas, Leticia Brédice.
A più di trent’anni dalla sua ultima sceneggiatura orginale, “La conversazione” (1974), Coppola torna a prendere in mano il giocattolo per intero. E scrive, dirige e produce un film strano, imperfetto, ma che trasuda amore per il cinema in ogni inquadratura, che racconta i gusti e le passioni del regista, oltre ai temi della sua vita personale.
Bennie (Ehrenreich) ha 17 anni e arriva a Buenos Aires alla ricerca del fratello maggiore, fuggito di casa e dal padre, il celebre direttore d'orchestra Carlo Tetrocini (Brandauer), dieci anni prima. Si fa chiamare Tetro (Gallo), fa il tecnico delle luci nei teatri locali, vive con Miranda (Verdu) e non è la figura romantica, lo scrittore, l'artista che Bennie immaginava, ma un uomo tormentato, ferito, con l'anima a pezzi. Non ne vuole più sapere della sua famiglia, c'è un terribile segreto che non riesce a raccontare e non è nemmeno capace di chiamare Bennie “fratello”. Poi Bennie scopre i manoscritti di Tetro, quelli che Alone, la più importante critica letteraria del paese, ha sempre rifiutato pur riconoscendone la genialità inesplosa. Bennie deciderà di intraprendere un viaggio attraverso quelle parole confuse per capire il fratello, il loro passato e per completare catarticamente l'opera. Con conseguenze (e rivelazioni) sconvolgenti.
Il titolo italiano, “Segreti di famiglia”, è veramente brutto e non rende come l'originale, “Tetro”, l'idea del film. Un film in cui il presente è raccontato tutto in bianco e nero “contrastato”, come dice Coppola, e il passato con flashback a colori. Il regista ci mette, visivamente, i film che ha amato: “La notte” di Antonioni, “Baby Doll” e “Fronte del porto” di Kazan. E musicalmente ha chiesto ossessivamente a Osvaldo Golijov di creargli un'atmosfera da jazz sinfonico che ricordasse la colonna sonora di “Un tram chiamato desiderio”. Golijov gli ha regalato un mix di musica classica, milonga e chamamè. La storia, poi. Un racconto di formazione, un padre-padrone da “uccidere” psicanaliticamente, la scrittura come catarsi e la morale consolatoria: “Andrà tutto bene, siamo una famiglia”. Questi gli elementi. Con gli attori perfetti nelle loro parti. Ma c'è un ma. Coppola per anni, dopo il fallimento della sua casa di produzione Zoetrope, si è detto costretto a fare film per pagare i debiti, prigioniero, lui, genio indipendente e innovatore, dell'industria. Poi la liberazione nel 2006 con “Un'altra giovinezza” e il ritorno con “Tetro” al completo controllo dell'opera d'arte. Alla fine l'impressione è che ci abbia messo “troppo” amore, cercando di fare un film come non ne faceva da decenni, mettendoci dentro l'anima, e paradossalmente ottenendo un effetto di distacco intellettuale che rende il film “freddo” come i suoi colori.