Nel cinema fu l'eroico don Pietro di “Roma città aperta”, in teatro fu il bonario boia Mastro Titta del “Rugantino”, nella vita fu un romano verace, vecchio stampo, tanto amante della cucina da mettere in versi le sue ricette e da non aver pietà per il suo corpo, divenuto con gli anni sempre più ingombrante per le continue intemperanze gastronomiche.
La voce roca, strascicata e nasale, i capelli arruffati, due grandi borse sotto gli occhi strabuzzati e un po' acquosi che da soli erano più eloquenti di mille parole.
Aldo Fabrizi era nato a Roma il 1° novembre 1905 da una famiglia modesta e, rimasto orfano, si arrangiò in mille mestieri. “Mi manca giusto di fare il palombaro e il pizzardone - raccontava – mi sono alzato a tutte le ore del giorno e della notte, ho fatto ogni turno possibile, ho mangiato tutte le sbobbe a tutte le mense. Sono stato anche guardiano notturno, meccanico, decoratore, disoccupato e balia”.
Tutte queste esperienze gli furono preziose quando cominciò la sua carriera di attore nel varietà, agli inizi degli anni Trenta. Presentò due macchiette di sua composizione, “Bruneri o Cannella?” e “Nel Duemila”. Poi per il pubblico del varietà fu il venditore di piazza, il tranviere in continua lotta con i passeggeri, il cocchiere che, di fronte al dilagare dei nuovi mezzi di comunicazione, sogna la felicità dei tempi andati. I suoi numeri in teatro, ma poi anche alla radio ed in alcune incisioni discografiche, erano delle argute conversazioni con il pubblico su argomenti di attualità, su piccoli problemi di tutti i giorni.
Per arrivare al cinema, dopo il suo esordio teatrale, gli ci vollero 10 anni, ma cominciò con un grande successo di pubblico, ''Avanti c’è posto'' di Mario Bonnard, di cui inventò il soggetto. Seguirono altri film comici, in cui riprendeva spesso i suoi primi personaggi, come ''Campo de' fiori'' e “L’ultima carrozzella”, entrambi con Anna Magnani, che cominciava allora a trovare il suo ruolo. “La chiamai per farle fare la fruttarola - disse Fabrizi in un'intervista - era una specie di attrice di varietà”.
"Roma città aperta" venne nel 1945 e il suo personaggio così dolorosamente umano gli valse la fama di uno dei più rappresentativi attori italiani del dopoguerra, che mantenne anche negli anni successivi con un numero esorbitante di film di cui fu spesso anche soggettista e sceneggiatore. Si ricordano, tra i tanti, “Mio figlio professore'', di Castellani, “Vivere in pace” di Zampa, ''Guardie e Ladri'', di Monicelli-Steno, in cui era il brigante Bottoni, antagonista di Totò, “Altri tempi” di Blasetti, dove faceva il venditore ambulante, e ''Prima comunione'', sempre di Blasetti, nei panni del padre irascibile, premuroso e affannato.
A partire dal 1948 Aldo Fabrizi si dedicò anche alla regia, ma non ottenne grandi risultati: i suoi film (''Emigrantes'', ''La famiglia Passaguai'', "Questa è la vita", "Hanno rubato un tram", "Il maestro") furono spesso giudicati un po' troppo inclini al sentimentalismo.
Negli anni Settanta, dopo una serie di interpretazioni in film comici e commerciali, tornò ad un cinema di maggior spessore con “La Tosca” di luigi magni e con ''C'eravamo tanto amati'' di Scola.
La sua ultima comparsa sul grande schermo è del 1986 in "Giovanni senzapensieri" dell'esordiente Marco Colli.
Quella di Fabrizi rimane una figura importante per la sua genuinità, la sua simpatia, il suo stampo vernacolare e popolaresco che gli faceva mettere in versi anche la visione degli avanzi trovati nel frigorifero: “'na crosta de formaggio smozzicato, 'na ciotola de strutto congelato, du' fette de prosciutto inseccolito, un ciuffo de basilico appassito e un pomodoro mezzo macagnato”.
Il 1° novembre nella storia
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1512: Il soffitto della Cappella Sistina è mostrato al pubblico per la prima volta | 1757: Nasce Antonio Canova | 1897: Viene fondata la Juventus | 1962: Esce in Italia il primo numero di Diabolik |
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