MICHAEL JACKSON'S THIS IS IT

di Sandro Calice

THIS IS IT

di Kenny Ortega, documentario musicale, Usa 2009 (Sony Pictures)
Michael Jackson, Nick Bass, Michael Bearden, Daniel Celebre, Mekia Cox, Misha Gabriel, Judith Hill, Dorian Holley, Devin Jamieson, Bashiri Johnson, Charles Klapow, Jonathan Moffett, Orianthi, Darryl Phinnessee, Dres Reid, Ken Stacey, Tyne Stecklein.

“Lui è un re, ma è un re umile e gentile”. Lo dice uno dei musicisti di Michael Jackson durante le prove dello spettacolo. Ed è la sintesi perfetta di quello che si vede. A marzo del 2009 Jackson annunciò il suo ritorno sul palco dopo oltre dieci anni di assenza, in un tour che sarebbe stato il suo addio alle scene. Da aprile a giugno si svolsero le prove di “This is it”, lo show definitivo che avrebbe debuttato nell’estate di quest’anno all’Arena O2 di Londra. Ma Jackson, come sappiamo, a quel concerto non è mai arrivato. Restano però le riprese di quelle prove, realizzate da Kenny Ortega, regista e coreografo oltre che amico di Jacko da 20 anni. Oltre 100 ore di riprese, ridotte a poco meno di due ore di film, che probabilmente sarebbero rimaste private, ma che la fondazione Michael Jackson ha deciso di far diventare l’ultimo omaggio ai fan.

Se si mettono da parte pregiudizi musicali e sospetti, primo tra tutti quello che il non troppo amorevole entourage familiare di Jackson abbia voluto ulteriormente speculare sulla fugura del Re del Pop, il documentario di Ortega emoziona. Dal punto di vista delle riprese e del montaggio, intendiamoci, “This is it” è abbastanza piatto, senza particolari invenzioni. Si vede Jackson che prova le canzoni, le più celebri, da “Wanna be startin’ somethin’” che apre l’esibizione a “Heal the world”, probabilmente il suo testamento spirituale, sempre con lo stesso racconto: la prima prova, quasi solo vocale, che poi si arricchisce di strumenti, coreografie e interpretazione fino quasi a quella che sarebbe poi stata la versione finale dal vivo. Ortega si ferma qui. E fa bene. Perché il resto è solo Jackson, un talento immenso. Vediamo un uomo che non immaginiamo sofferente al punto da morire poco dopo quelle prove. Un artista che dà i brividi quando canta e che quando balla è come se coi suoi movimenti suonasse l’intera orchestra. Un perfezionista innamorato del suo lavoro e del suo pubblico: a un musicista che accenna una impercettibile variazione su una canzone dice:”Dobbiamo farla come la gente la conosce, come sul disco”. Ma soprattutto vediamo quello che sapevamo, non un divo, ma un uomo che è come un bambino, che parla di musica e amore come fosse la stessa cosa, che tutti rispettano per la sua professionalita ma che allo stesso tempo quasi proteggono, come farebbero con un figlio. Un “Re umile e gentile”, appunto. Che ci lascia una sensazione di sincerità e malinconia. Tanto che, sei non si fa gli snob, è difficile uscire dalla sala senza canticchiare o accennare, discretamente, un passo di danza.