Festival del Cinema di Roma


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Il giorno di Meryl Streep e dei fratelli Coen

Presentati i film 'Julie&Julia' e 'A serious man'

dagli inviati Sandro Calice e Juana San Emeterio

Si chiude in crescendo al Festival del Cinema di Roma. C’è il premio Marco Aurelio alla carriera consegnato a Meryl Streep, che presenta anche il film “Julie & Julia” di Nora Ephron, una commedia che esalta il gusto per la vita e per la buona cucina. "Quello che conta – dice l’attrice ai giornalisti - è l'amore, il sesso e il cibo. E’ la gemma che brilla in questo film. Con questa pellicola volevo rendere omaggio a mia madre, era della stessa epoca della protagonista Julia Chiald”. E racconta: ”La mia è stata una vita fortunatissima. Nella nostra professione c'è chi incarna il glamour, io non mi sono mai concentrata su questo, ma sul mio essere attrice”. Poi una serie di battute: “Obama? E' sulla buona strada. Scorsese? Vorrei avesse interesse per un ruolo femminile. La Loren? Non mi odia, la ammiro”.

Poi ci sono i fratelli premi Oscar Ethan e Joel Coen col loro ultimo lavoro, fuori concorso, “A serious man”, drammatica commedia su vita e caduta di un onesto insegnante ebreo. Film del quale i fratelli, al solito laconici, dicono: “Commedia o dramma? Non importa. Volevamo solo raccontare una storia: come reagirà il pubblico, se riderà o si commuoverà, non e' un nostro problema”. Sul paragone con Woody Allen: “Allen ha veramente una sensibilità ebraica, ma molto newyorchese e molto diversa dalla nostra, che invece ricalca la società di Minneapolis, dove siamo cresciuti”.

Altro evento della giornata, i vampiri di “New Moon”, secondo capitolo della saga di “Twilight”, col red carpet invaso dai Volturi, l'antica e potente famiglia di vampiri nati dalla fantasia di Stephenie Meyer. Ed infine Panatta, protagonista del documentario che Mimmo Calopresti ha dedicato alla finale di coppa Davis del 1976.

JULIE&JULIA

di Nora Ephron, Usa 2009 (Sony Pictures)
Meryl Streep, Amy Adams, Stanley Tucci, Chris Messina, Linda Emond.

“Julie&Julia” è la celebrazione dei piaceri della vita, del cibo e della tavola: Maryl Streep è Julia Child, la donna che ha reso popolare la cucina francese in America ed autrice di un famoso libro “Mastering the Art of French Cooking”; Amy Adams è Julie Powell, la scrittrice del romanzo “Julie&Julia”.

Nella commedia di Nora Ephron si intrecciano le vite delle due protagoniste. Nel 1948 Julia Child era semplicemente una donna statunitense che viveva in Francia. Il lavoro di suo marito per il governo Usa aveva portato la coppia a Parigi. La donna, che adorava suo marito e amava la città con i suoi mercatini, negozi e bistrot, desiderava avere qualcosa da fare. Va a scuola di cucina e diventa un’abilissima cuoca che conosce tutti i segreti della cucina francese. Quindi la decisione di scrivere un libro per gli americani, insegnandogli come fare anche piatti difficili (Tutti possono disossare un’anatra).

Cinquant'anni dopo, Julie Powell, appena sposata, si sente bloccata. Alla soglia dei trent'anni vive nel Queens e lavora in un piccolo spazio mentre i suoi amici ottengono grandi successi. Decide quindi di adottare un piano folle passando esattamente un anno a cucinare tutte le 524 ricette presenti nel libro di Julia Child, considerata come una amica, e realizzando un blog in cui descrivere le sue esperienze. Nel film le due storie si fondono e si intrecciano in una commedia che vuole dimostrare come la giusta combinazione di passione e ossessione può cambiare la vita e realizzare i propri sogni. Due storie incentrate sul matrimonio ed il cibo: l’amore per il marito e la cucina come forma d’arte. J.S.

A SERIOUS MAN

di Joel ed Ethan Coen, Usa 2009 (Medusa)
Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Sari Lennick, Fred Melamed, Aaron Wolff, Jessica McManus.

Ce ne sono pochi di registi in giro in grado di raccontare così bene l’ordinario “dramma” della vita con un così grottesco senso dell’umorismo. Siamo nel 1967 a Minneapolis. Larry Gopnik (un bravissimo Stuhlbarg) è un professore ebreo di fisica e matematica all’università. Cerca di vivere la sua vita con rettitudine e serenità, ma la sua vita comincia a crollare. La moglie, Judit (Lennick) gli annuncia di essersi innamorata di Sy, un amico di famiglia, improbabile seduttore, perché più concreto e importante di lui. Larry alza allora lo sguardo sulla sua vita e vede il figlio Danny, alla soglia del bar mitzvah (la cerimonia che celebra il momento in cui un bambino ebreo raggiunge l'età della maturità), rincitrullito dalle canne e dalla televisione e con problemi disciplinari a scuola; la figlia Sarah che ruba soldi in casa per rifarsi il naso; il fratello disoccupato Arthur, tra l’idiota e il genio matematico, accampato da un’eternità sul divano di casa sua. Come se non bastasse, qualcuno scrive lettere anonime e denigranti alla commissione che deve decidere se assegnargli la cattedra all’università e un suo studente coreano cerca di corromperlo minacciando al contempo di denunciarlo per diffamazione. Larry si chiede cosa abbia sbagliato nella vita. Solo un rabbino, gli dicono, può aiutarlo. Comincia così la ricerca del rabbino (e del consiglio) giusto, ma le cose più semplici spesso sono quelle che riservano più sorprese.

“A serious man” non sarà probabilmente il miglior film dei Coen, sembra piuttosto un divertimento d’autore, ma con una classe eccelsa. Gli attori, innanzitutto: una galleria di volti indimenticabili e perfettamente tragici nel loro (spesso) inconsapevole umorismo. La storia, poi. Un concentrato di ricordi d’infanzia degli stessi registi, un viaggio cinico e ironico nell’ortodossia ebrea, un racconto angosciante e avventuroso, ma nell’assoluta normalità di una vita qualunque nella quale irrompono i problemi. Quasi non c’è “morale”, conclusione, finale, perché non può esserci nel ciclo della vita. I colpi di scena non sono alla fine, come in qualunque storia banale, ma mentre la vita succede, ogni istante. All’inizio c’è già tutto. Il film si apre con una storiellina tutta recitata in yiddish ambientata alla fine del secolo scorso. Una storia inventata dagli stessi autori e apparentemente senza legami col resto del racconto, per stessa ammissione dei Coen. Ma la citazione iniziale, del rabbino Rashi, svela le intenzioni: ”Accogli con semplicità tutto ciò che ti succede”. C’è poco altro da dire. Sa.Sa.