dagli inviati Sandro Calice e Juana San Emeterio Le piccole storie che raccontano la Storia sono le protagoniste di questa giornata al Festival del Cinema di Roma. “L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti sulla strage di Marzabotto, “Vision” di Margareteh von Trotta sulla mistica Hildegard von Bingen e il danese “Broderskab” di Nicolo Donato sull’amore omosessuale tra due neonazisti. Tre film sicuramente destinati a far discutere.
In programma, nella sezione Extra, anche due documentari sulle zone terremotate in Abruzzo, “L’Aquila bella mè” di Daniele Vicari e prodotto, tra gli altri, da Valerio Mastandrea e “Immota manent” degli allievi dell’Accademia dell’Immagine de L’Aquila.
L’UOMO CHE VERRA’
di Giorgio Diritti, Italia 2009 (Mikado Film)
Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari, Stefano Bicocche, Eleonora Mazzoni.
C’è bisogno come il pane di memoria in questo Paese, di ricordare il nostro passato anche recente, per capire da dove veniamo, cosa ci è successo e mettere nella giusta prospettiva le piccolezze del presente. Giorgio Diritti ci regala un film emozionante, non retorico, da vedere. Inverno del 1943, comunità di Monte Sole, a sud di Bologna. Martina (Zuccheri Montanari) ha 8 anni e non parla più da quando gli è morto il fratellino di pochi mesi tra le braccia. La madre Lena (Sansa) resta di nuovo incinta proprio mentre la guerra, fino ad allora solo un’eco lontana, comincia a entrare ferocemente nelle vite di questa comunità contadina. Martina, in silenzio, la vede avvicinarsi nei volti dei nazisti, che si fanno sempre più invadenti e pericolosi, e in quelli dei partigiani del comandante Lupo, che vengono a reclutare soldati. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre del 1944 il fratellino di Martina viene al mondo, ma è un mondo che quella notte stessa crollerà sotto la furia bestiale della guerra.
Il film racconta la strage di Marzabotto, l’eccidio di 770 civili perpetrato dalle truppe naziste tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944. La famiglia del racconto è inventata, ma la ricostruzione è basata sulle testimonianze reali dei sopravvissuti. “Dopo la fine del conflitto – dice il regista - la Guerra Fredda ha nascosto la verità in tante situazioni. Quel che poi e' uscito ovviamente non restituisce la vita alle persone, ma forse questo film può riguadagnare la memoria comune del Paese”. Memoria che passa anche attraverso la scelta di far recitare tutto il film, che quindi è sottotitolato, in dialetto bolognese dell’epoca. ''Ho cercato di evitare gli stereotipi – spiega - sia nel racconto della strage, che nella descrizione dei nazisti. Ogni passo del film ha avuto dietro una lunga ricerca ed è calato nella realtà di quanto accaduto. Volevo raccontare la drammaticità di uomini che uccidono altri uomini, con naturalezza”. Nel film Diritti non dà giudizi facili, ideologici, ma sottolinea: “Quella strage è stata uno sterminio di civili, qualcuno ha cercato di dire che i partigiani avrebbero dovuto fare di più, ma nessuno poteva immaginare che le SS avrebbero fatto una cosa del genere. Il revisionismo mi dà fastidio”. Lo spettatore cresce insieme con Martina, guardando il film. Le immagini, profondi primi piani di volti intensi e panorami di una natura che pian piano si sporca di morte, sostituiscono le parole che la bambina ha deciso di non dire. Ma non servono, sarebbero ridondanti. Gli occhi di Martina raccontano di una innocenza che si spegne di fronte all’insensatezza della violenza, da qualunque parte provenga. Di una società contadina che vive di natura e di fede, con fatica e onestà, ma che paga sempre il prezzo più alto quando la Storia tira le somme. E quello sguardo è talmente puro che non c’è retorica, non si chiedono lacrime facili, nemmeno di fronte alla barbarie. C’è l’uomo, anche quello appena nato, quello che verrà, di fronte al suo presente e alla speranza di un futuro. Sa.Sa.BRODERSKAB
di Nicolo Donato, Danimarca 2009 (TrustNordisk)
David Dencik, Morten Holst, Nicolas Holst, Thure Limdhardt.
In concorso il film “Broderskab”, una difficile storia d’amore ambientata nel mondo neo-nazista in Danimarca. Opera prima del regista italo-danese Nicolo Donato, allievo di Lars Von Trier.
Il protagonista, il biondo Lars, destinato alla carriera militare, lascia l'esercito ed entra a far parte di un gruppo neonazi che organizza raid punitivi contro arabi e omosessuali. L'apprendistato alla "fratellanza" è duro: deve partecipare alle riunioni, studiare l’ideologia e far parte delle spedizioni notturne contro i centri d’accoglienza per stranieri. Durante questo apprendistato Lars viene affiancato dal mentore Jimmy incaricato di testarne l'affidabilità e la preparazione sui testi fondamentali stile Mein Kampf. Lars lascia la famiglia e si trasferisce in un cottage in riva al mare del nord, che deve riparare insieme a Jimmy. Questa casa è sede del movimento guidato da un presidente anziano e da un vice di forte carisma. Durante la convivenza, imprevedibilmente, tra i due scoppia la passione che, comunque, non sembra intaccare le loro convinzioni. L'amore viene vissuto in segreto. Lars vorrebbe scappare ma viene convinto a restare da Jimmy. Alla fine le regole razziste e violente del gruppo metteranno gli amanti di fronte all'inevitabile contraddizione: tradire i "fratelli" di ideologia o tradire l'altro e i propri sentimenti. Qualunque sia la scelta, porterà alla violenza.
“Volevo fare un film su una storia d'amore e l'ho inserito nel contesto neonazista - ha detto il regista - per mostrare come l'amore è più forte di tutto e che non si può dire di no al sentimento perchè prima o poi emergerà, esige rispetto. In quel contesto neonazista in cui l'amore omosessuale non è accettato, in realtà nasce lo stesso'' e spiega che è ispirato da un documentario sull’omosessualità tra i naziskin. “Un loro leader era morto di Aids e si è scoperto che di giorno faceva il neonazista e di sera cercava uomini ad Amburgo”. “Broderskad” è un film duro, livido e oscuro come le atmosfere nordiche e il look dei protagonisti. Si illumina solo quando racconta il rapporto amoroso che resta il tema centrale della pellicola, forse un pregio ma anche un limite per chi si aspetta una visione critica. J.S.VISION
di Margarethe von Trotta, Germania 2009 (Celluloid Dreams)
Barbara Sukowa, Heino Ferch, Hannah Herzssprung, Lena Stolze, Alexander Held.
Hildegard von Bingen - realmente esistita - è la decima figlia di una riccca e nobile famiglia tedesca e si accorge ben presto di avere una spiccata sensibilità visionaria, ma lo nasconde a tutti. Alla nascita è stata promessa a Dio e all'età di 8 anni consegnata ad un Monastero Benedettino. Diventata più tardi la badessa del convento, abile nella medicina, ha una sconvolgente apparizione che le ordina di rivelare messaggi divini di cui è a conoscenza. Nonostante lo scetticismo e il sospetto di eresia, il Papa la sostiene e le concede di pubblicare le sue visioni. La sua vita cambia, costruisce un suo convento e dà vita ad un rivoluzionario approccio umanista e femminista alla fede.