dagli inviati Sandro Calice e Juana San Emeterio
“Un film di Heath Ledger e dei suoi amici” recita la didascalia di “Parnassus – l’uomo che voleva ingannare il diavolo”, l’ultimo lavoro di Terry Gilliam presentato come evento speciale al Festival del Cinema di Roma. E così è, un omaggio al giovane attore morto accidentalmente lo scorso anno. Oggi la giornata è dedicata a lui. “Heat sarebbe stato uno straordinario regista, studiava molto e aveva gia' realizzato delle cose – ha detto Gilliam ai giornalisti - purtroppo non vedremo mai quello che avrebbe potuto fare”. Ed ha aggiunto:”Heat era un essere umano, un amico ed un attore straordinario, di grande generosità. Ad un certo punto avrei voluto firmare la regia con lui, sprigionava e regalava un'energia incredibili, e quando è morto è come se lui mi avesse chiesto di fare un film migliore”.
In concorso nella giornata di domenica, “Alza la testa” di Alessandro Angelici, con Sergio Castellitto, secondo il quale “un film come questo, semplice e popolare, credo sia uno schiaffo al cinema autoriale-autoreferenziale, intellettual-doloroso che abbiamo spesso in Italia. Quel cinema che cerca lo specchio, più che la finestra aperta sul mondo”. Poi “Last station” di Michael Hoffman, con Helen Mirren e Christopher Plummer, mentre l’anteprima fuori concorso è “Le concert” di Radu Mihaileanu.PARNASSUS – L’UOMO CHE VOLEVA INGANNARE IL DIAVOLO
di Terry Gilliam. Francia, Canada, Gran Bretagna 2009 (Moviemax) Heath Ledger, Johnny Depp, Colin Farrel, Jude Law, Christopher Plummer, Lily Cole, Andrei Garfield, Tom Waits, Verne Troyer.
Gilliam è uno dei più straordinari narratori di favole per adulti, come Spielberg per i ragazzi. E dopo “Brazil” (1985) e “Le avventure del Barone di Munchausen” (1988) torna con una storia originale insieme con l’amico sceneggiatore Charles McKeown. Il dottor Parnassus (Plummer) ha un dono speciale: riesce a realizzare i sogni del pubblico nel suo spettacolo itinerante chiamato l’Imaginarium. Entrare nello specchio sul palco significa entrare nell’immaginifica mente di Parnassus e vedere materializzati tutti i più favolosi desideri. Col vecchio dottore ci sono il fido Percy (Troyer), il giovane Anton (Garfield) e la figlia Valentina (Cole). Il dono di Parnassus, però, ha un prezzo. Secoli prima un patto col perfido Mr. Nick (Waits) ha stabilito che in cambio del suo potere Parnassus avrebbe gli consegnato l’anima di sua figlia al compimento del sedicesimo anno di età. Mancano tre giorni e il diabolico Nick rilancia: chi riuscirà a sedurre cinque anime deciderà il destino di Valentina. I giochi sembrano decisi a favore del diavolo, ma la compagnia si imbatte in Tony (Ledger, Depp, Law, Farrel), uno smemorato e spregiudicato avventuriero che potrebbe cambiare le sorti della partita.
Visionario è l’abusato aggettivo che si usa per descrivere il cinema di Gilliam. In questo film, poi, il tema dell’immaginazione è potentissimo, al centro di tutto. Gilliam fa dire a Parnassus che l’universo intero si regge sui racconti degli uomini: finquando ci sarà qualcuno che racconta una storia, l’universo non morirà. E in questo senso è anche un film sulla forza salvifica dell’arte, di qualsiasi arte, sulla missione dell’artista di creare i sogni e svelare la bellezza e la verità del mondo. La morte di Ledger durante la lavorazione ha dato paradossalmente un nuovo impulso creativo all’opera: l’artifizio narrativo per cui dentro lo specchio (la mente) di Parnassus possiamo non avere le stesse sembianze con cui ci vede il mondo, ha permesso a Depp, Law e Farrel (che hanno devoluto i loro compensi alla famiglia dell’amico scomparso) di dare maggiore spessore alla storia. Il risultato è un fantasy colorato e sognante, un parco giochi per adulti che stimola idee e riflessioni. Le uniche debolezze, a nostro parere, sono che Gilliam, a differenza del suo “allievo” Tim Burton, sembra non riesca a portare il gioco fino in fondo con la dovuta leggerezza, indugiando troppo su morali e filosofie, da un lato. Mentre dall’altro, forse a causa di un montaggio costretto dagli eventi, o forse perché una storia sull’immaginazione non può essere “lineare”, si percepisce un racconto che in qualche passaggio prosegue a fatica. Sa.Sa.
ALZA LA TESTA
di Alessandro Angelini, Italia 2009 (01 Distribution)
Sergio Castilletto, Gabriele Campanelli, Giorgio Col angeli, Anita Kravos, Duccio Camerini, Augusto Fornari.
“Alza la testa” è soprattutto una splendida prova d’attore, un Castellitto in stato di grazia senza il quale il film sarebbe un’altra cosa. Mero è un operaio specializzato in un cantiere nautico e un ex pugile dilettante. Suo figlio Lorenzo (Campanelli), nato da una relazione con una ragazza albanese che li ha abbandonati, è la sua unica ragione di vita. Mero gli ha costruito una palestra in un magazzino e gli insegna a boxare ogni giorno, a tenere la testa alta e a difendersi dai colpi bassi della vita, convinto che il ragazzo abbia il talento per diventare un campione. Ovvio che vede in lui l’occasione del riscatto di una vita malandata. Ma i piani di Mero sono destinati a cambiare. Prima la madre di Lorenzo torna e chiede che il figlio, appena compiuti 18 anni, la segua in Albania. Poi un allenatore più bravo di Mero lo convince ad affidargli il figlio, se vuole avere qualche speranza di carriera. E infine arriva Ana, una ragazza rumena con cui Lorenzo fa l’amore per la prima volta. Mero rivede il suo passato e teme che l’amore possa distrarre Lorenzo dai suoi obiettivi. Si mette di mezzo e causa la tragedia. La peggiore delle tragedie, che metterà Mero di fronte al baratro o alla rinascita.
Angelici (“L’aria salata”) dice che ama “i personaggi con la ‘ruggine addosso’, quelli in credito con la propria vita, perché convinti di aver incassato meno del dovuto e perciò sempre sul punto di esplodere”. Mero in effetti è così. E’ un persona semplice, senza sovrastrutture culturali, fin troppo. E il volto di Castellitto rende meravigliosamente l’idea di questa stupita “ottusità”, soprattutto di fronte alla sconfitta, al dolore, al diverso. Quello che però per il regista è un punto d’onore, una narrazione che attraversa i registri della commedia, del racconto di formazione e del dramma, rischia di produrre un risultato sfocato, nel quale – ci ripetiamo – senza la potenza interpretativa del protagonista, il film sarebbe molto più fragile. Sa.Sa.
LE CONCERT
di Radu Mihaileanu. Francia, Romania, Belgio, Italia 2009 (Bim)
Alexei Guslov, Dmitry Nazarov, Francois Berleand, Melanie Laurent, Miou Miou, Valeri Barinov.
Un osannato direttore d’orchestra del Bolshoi di Mosca, Andrei Filipov, viene allontanato durante il comunismo, nel 1980, per essersi rifiutato di separarsi dai suoi musicisti ebrei, tra cui il suo miglior amico Sacha. La cacciata traumatica avviene durante l’esecuzione del concerto di Cajkovskij. Trent’anni dopo lavora ancora al Bolshoi come uomo della pulizie e aiuta la moglie a trovare le comparse per manifestazioni dell’orgoglio ex-comunista.
Una sera, mentre sta facendo le pulizie, Andrei trova un fax indirizzato al direttore: è del Théatre du Chatelet che invita l’orchestra ufficiale a suonare a Parigi. E’ l’occasione per far rivivere un sogno. Andrei prende il fax ed ha un’idea: riunire tutti i vecchi musicisti che ormai vivono facendo lavori umili e spacciarli per l’orchestra del Bolshoi. Inizia quindi una rocambolesca avventura per ritrovare gli orchestrali e organizzare il viaggio con un impresario ‘segretario del partito comunista’. Nel gruppo ci sono anche delle new entry ed una giovane violinista francese. Il programma è proprio quello interrotto trent’anni prima, lo stupendo concerto di Cajkovskij per violino ed orchestra.
Commedia grottesca ed ironica sulla Russia, dove divertimento e dramma si fondono alla perfezione. Un ritratto ben riuscito di un gruppo variopinto di personaggi e del rapporto tra due culture quella occidentale e quella dell’est (esilarante l’arrivo a Parigi tra i ‘barbari’ dell’est ed i ‘civilizzati’ francesi). Radu Mihaileanu, regista di “Train de vie”, torna a farci sorridere e pensare, con una narrazione scoppiettante, fino ad arrivare all’armonia e la bellezza che la musica può dare. J.S.
THE LAST STATION
di Michael Hoffman. Germania, Russia (2009)
Helen Mirren, Christopher Plummer, James McAvoy, Paul Giamatti, Anne-Marie Duff
Dopo quasi cinquant'anni di matrimonio, la Contessa Sofa, devota moglie di Leo Tolstoj, scopre improvvisamente che tutto il suo mondo va gambe all'aria. In nome della sua nuova religione utopica e delle sue idee anarco-cristiane, il grande romanziere russo ha rinunciato al titolo nobiliare e alle sue proprietà per diventare povero, vegetariano e celibee potrebbe inoltre essere stato convinto da Chertkov, il suo discepolo, a lasciare i diritti dei suoi iconici racconti al popolo russo anziché alla famiglia. Con ogni stratagemma, la donna lotta ferocemente contro la comunità libertaria che si è installata in casa sua per quel che ritiene le appartenga. Allontanata da Tolstoj riuscirà a rivederlo solo in punto di morte, nell'ultima stazione.