Il Salone della nautica di Genova

Quando la barca diviene passione j

di Luigi del Giudice

La grande, immensa, vetrina del 49° Salone nautico di Genova si apre ancora una volta in grande stile. Molte luci, alcune ombre e tante, anzi tantissime, speranze di avviare il rilancio proprio con questa rassegna.
L’ottimismo di Anton Francesco Albertoni, leader dell’Ucina (associazione dei cantieri navali italiani), e di Paolo Lombardi, presidente della Fiera di Genova, forse, è ben fondato, perché si basa non solo sulla leadership mondiale, ormai indiscussa del Salone, e della Fiera che lo ospita, ma anche e principalmente sulle prospettive di poter rilanciare il settore e farlo tornare come ai vecchi tempi; cioè, gli anni precedenti la crisi in cui la nautica ha trainato l’economia italiana con bilanci positivi a due cifre. Le barche sono circa 2.400. Un numero, forse impensabile qualche mese fa per la crisi arrivata dopo gli anni d’oro, dal 2003 al 2007, che lo ha portato a crescite esponenziali, fino a farlo diventare il vero big della nautica internazionale. E, questo, per la grande capacità di flessibilità e di adattamento ai tempi, mostrate bene dalla Fiera di Genova e dall’Ucina.


L’ascesa dagli Anni Sessanta a oggi


Da piccola rassegna a leader mondiale
Impensabile l’ascesa di questa rassegna, che, dopo una prima apparizione a Milano nel 1960, arriva a Genova due anni dopo come piccola esposizione di appena 30 mila metri quadrati, riservata a un pubblico limitato. Il primo passo in avanti viene nel 1966 con l’ingresso di Ucina nell’organizzazione, conquistandosi nel corso di 49 anni la leadership mondiale per la straordinaria completezza merceologica e all’unicità delle sue strutture, realizzate dalla Fiera: 100 mila metri quadrati di specchio acqueo e oltre 200 mila a terra, tra padiglioni e superfici all’aperto nel contesto spettacolare dell’imponente porto di Genova.

Albertoni e Lombardi: ”Possiamo guidare la ripresa”
Dal 2003 al 2007, il fatturato della nautica è passato da 3,2 a 6,2 miliardi. Una crescita costante negli anni, frenata dall’ottobre 2008. Ora, per ripartire serve l’attenzione del governo. Lo sostengono i presidenti di Ucina e di Fiera di Genova, Anton Francesco Albertoni e Paolo Lombardi. “Siamo cresciuti fino al 2007- dice Albertoni- pur restando agili . E questa flessibilità e la capacità di adattarsi presto ai cambiamenti è ciò che ci salverà. Anzi, forse, ci permetterà di guidare la ripresa”.
Albertoni, ostenta un grande ottimismo, pensando alla capacità. mostrata negli anni precedenti la crisi, che hanno garantito entrate non indifferenti all’erario per il gettito fiscale (800 milioni di euro). Ma non basta. “Ora, però, -spiega- vorremmo attirare l’attenzione del governo sul comparto, che oltre a essere potenzialmente un volano di ripresa è diventato anche un vero ambasciatore del mady in Italy nel mondo, con un esportazione che arriva al 60 per cento della produzione”.

Ancora aspettative dal governo
E le attenzioni del governo cui ambiscono Ucina e Fiera potrebbero avere risposte, magari positive, durante il Nautico, nel corso dell’assemblea generale, cui, tra gli invitati figurano Silvio Berlusconi e mezzo governo.
Perché avete invitato tanti ministri?
“Perché il settore –risponde Albertoni- raggruppa tante e diverse materie la cui regolamentazione finisce nella giurisdizione di tanti ministeri”. I problemi, che, poi, sono quelli di sempre nella sostanza, restano in gran parte ancora irrisolti. Albertoni incalza:”Non chiediamo, non lo abbiamo fatto mai, sussidi o incentivi a fondo perduto. Ma, desideriamo attenzione a diversi tipi di provvedimenti. Ad esempio, di tipo fiscale. In Italia si continua a pensare che la nautica sia qualcosa solo per ricchi. E’ un’idea sbagliata perché ci sono armatori che possiedono piccole barche da 10 metri e magari le usano per le vacanze con la famiglia. E, forse, spendono meno che nella classica vacanza in un albergo o in un villaggio a 4 stelle. Del resto –aggiunge- l’Italia è ricca di coste e navigare non deve e non può essere un privilegio per pochi”.

La barca non è più uno status symbol
In effetti, secondo un recente sondaggio, commissionato da Ucina, è emerso che due persone su tre desiderano la barca per passione, mentre solo il 30% la ritiene ancora uno status simbol; cioè, qualcosa da mettere in mostra. Ma ci sono troppe leggi e leggine che complicano la vita a chi possiede un piccolo scafo e questo, forse, è il punto dolente da superare, se si vuole sviluppare veramente l’andare in mare. Risolvere queste problematiche giuridiche è il modo migliore per far tornare la passione, che è la vera arma della ripresa.
Il problema attende risposte legislative anche per lo sviluppo della portualità. “Anche qui –conclude Albertoni- i pregiudizi sono tanti. Si dice spesso che i nuovi posti barca sarebbero un danno all’ambiente, come una cementificazione delle coste, un ulteriore rovina di luoghi deteriorati già da un eccessivo sviluppo edilizio. La verità –precisa- è che si potrebbero avere ben 49 mila posti barca riqualificando semplicemente le strutture esistenti”.