di Sandro Calice
Giornata intensa quella di giovedì alla Mostra del cinema. In concorso l’ultimo degli italiani, Giuseppe Capotondi con “La doppia ora”, “Soul Kitchen” di Fatih Akin e “Al mosafer (The traveller)” dell’egiziano Ahmed Maher, la storia di un uomo attraverso i tre giorni più importanti della sua vita. Presentato fuori concorso “Green days”, della ventunenne figlia d'arte Hana Makhmalbaf, un film emozionante, primo instant movie sulla protesta iraniana e sulla sua feroce repressione, con immagini-shock, compresa la morte di Neda.
SOUL KITCHEN
Di Fatih Akin, Germania 2009 (Bim Distribuzione)
Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Uenel, Anna Bederke, Pheline Roggan, Nadine Kruger.
Musica, cibo, amicizia, amore, sesso. E tante risate. C’è tutto quello che vi serve in questo film, mettetevi comodi. Zinos (Bousdoukos) è un giovane greco-tedesco che ha una taverna alla periferia di Amburgo, il Soul Kitchen. Cibi surgelati e spaghetti con la panna sono il menu, che però ai suoi avventori piace. La fidanzata Nadine, figlia di una ricca famiglia, sta per partire per la Cina, dove lavorerà come corrispondente di un quotidiano, e alla sua cena di addio Zinos conosce Shayn, il cuoco-guru del ristorante che viene licenziato perché si rifiuta di modificare un piatto. Quando Zinos si farà male alla schiena e non sarà più in grado di lavorare, chiamerà Shayn. Ma la situazione peggiora: la cucina sperimentale del cuoco fa scappare i vecchi clienti, una funzionaria dell’ufficio delle imposte sequestra l’impianto stereo, l’ufficiale sanitario minaccia di chiudergli il locale e Zinos incontra un vecchio amico di scuola che si rivela un agente immobiliare senza scrupoli. In più il rapporto con Nadine precipita. Poi il cibo di Shayn comincia a funzionare, il cameriere Lutz attira clienti suonando col suo gruppo dal vivo e il Soul Kitchen diventa il locale più alla moda di Amburgo. La decisione di Zinos di affidare il ristorante al fratello appena uscito di prigione per raggiungere Nadine spariglierà di nuovo le carte.
“Soul Kitchen” è, fino a questo momento, il film più applaudito nelle proiezioni per la stampa e gli addetti ai lavori. Akin (“La sposa turca”) costruisce una commedia intelligente ed esilarante, in cui attori, oltre a quelli in carne e ossa, sono il cibo e la musica, che è “il cibo dell’anima”, come dice il protagonista. Una colonna sonora incalzante, che va dal funky all’R&B, passando per l’hip-hop, il rock e il rebetiko greco per arrivare ad Hans Albers, uno dei più celebri cantanti e attori tedeschi degli anni ’30 e ’40. Una sceneggiatura calibrata, dove la “tragedia” è sempre sulla soglia, ma sempre ricacciata da ironia e buoni sentimenti. Un film che ricorda le migliori commedie inglesi: con un sogno da difendere, un traguardo impossibile da raggiungere, un gruppo di sfigati fuoriclasse, un guru eccentrico, la musica che aggiusta tutto. LA DOPPIA ORA
di Giuseppe Capotondi, Italia 2009 (Medusa)
Ksenia Rappoport, Filippo Timi
Capotondi, alla sua opera prima, mastica cinema e vuole farlo vedere, in questo film fortemente voluto dal direttore della Mostra, Muller, a Venezia 66. Sonia viene da Lubiana e fa la cameriera in un hotel. Guido è un ex poliziotto che lavora come custode in una villa. Si incontrano a uno “speed date”, dove lui è un cliente fisso e lei va per la prima volta. Si accende qualcosa, ma prima che il sentimento possa palesarsi, Guido viene ucciso durante una rapina nella villa, dove aveva portato Sonia. La donna si trova a elaborare un lutto che non capisce, di cui un ex collega di Guido la ritiene addirittura responsabile. E comincia ad avere visioni, a fare sogni, a ricordare un passato rimosso. Nessuno più sembra essere chi dice di essere, Sonia compresa.
“La doppia ora”, secondo il protagonista la combinazione di cifre uguali sull’orologio (le 23.23, le 14.14), momento per esprimere un desiderio con la possibilità che si avveri, è un film che gioca coi generi e le citazioni. C’è il noir, il melò, il thriller, l’horror psicologico. Ma forse c’è troppo. Capotondi è abile a destreggiarsi nella narrazione e gli attori, Timi soprattutto, sono molto bravi, ma la sensazione è che il film prometta molto di più di quello che alla fine riesce a mantenere.