di Sandro Calice
Il cinema americano esordisce a Venezia 66 con due film che, in maniera diversa, toccano i nervi scoperti dell’America, invitandola a fare i conti con le sue paure e le sue tristezze, ora quotidiane, ora apocalittiche: “Life during wartime” di Todd Solondz e “The Road” di John Hillcoat, entrambi in concorso. File lunghissime e appalusi in sala per “Videocracy” di Erik Gandini, nella sezione Giornate degli autori, il docu-film su 30 anni di televisione berlusconiana.LIFE DURING WARTIME
di Todd Solondz, Usa 2009 (Fortissimo Films) Ciarán Hinds, Shirley Henderson, Allison Janney, Charlotte Rampling, Ally Sheedy, Michael Kenneth Williams, Rich Pecci, Dylan Riley Snyder.
Chi di Solondz ha amato “Happiness”, non potrà fare a meno di apprezzare questo film, che ne è l’ideale seguito. Ci sono persone normali, come noi, che cercano di vivere una vita dignitosa, che cercano il loro posto nel mondo, che vogliono capirlo, il mondo. Tutti però devono in qualche modo fare i conti con un qualche tipo di passato che rischia di distruggere il futuro.
Joy decide di lasciare il marito Allen, mai guarito dal particolare “disturbo” che lo affligge, e di rifugiarsi dalla madre e dalle sorelle. La segue il fantasma di Andy, suo spasimante di un tempo morto suicida. Trish, la sorella di Joy, ha tre figli ed ha appena incontrato Harvey, un uomo divorziato in là con gli anni, non affascinante ma onesto con il quale spera di ricostruirsi una vita, visto che suo marito Bill, psichiatra, è in carcere perché abusava dei ragazzini. Poi c’è Helen, la terza sorella, ricca e famosa ma con enormi sensi di colpa. Bill esce dal carcere e cerca di mettersi in contatto con il figlio maggiore.
La trama dice poco di un film che, pur decollando lentamente, colpisce il segno con una sceneggiatura cinica e ironica. Solondz ha la capacità di disorientarti con una risata potente e intelligente proprio nel mezzo di discussioni serie, drammatiche. I suoi personaggi, in fondo, cercano solo amore, in una delle sue mille forme. Ma il sentiero che percorrono spesso è tragico, così tragico da farci sorridere, liberatoriamente. Il tutto servito su una fotografia dalle tonalità pastello che rende la narrazione come sospesa, quasi a volerci distrarre dagli orrori quotidiani della vita ai tempi della guerra.THE ROAD
John Hillcoat, Usa 2008 (FilmNation Entertainment) Viggo Mortensen, Kodi Smit McPhee, Charlize Theron, Guy Pearce, Robert Duvall.
Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Cormac McCarthy (l’autore di “Non è un paese per vecchi), “The road” arriva a Venezia in prima mondiale dopo essere stato congelato negli Stati Uniti perché ritenuto troppo duro per l’attuale periodo di crisi. E’ (anche) un film, infatti, che costringe a riflettere sulla perdita materiale in ogni senso possibile.
Un padre e un figlio attraversano a piedi un’America devastata da un misterioso olocausto, che ha distrutto ogni forma di vita eccetto qualche essere umano. E’ cominciato tutto con un bagliore accecante. Poi esplosioni, terremoti, la terra che si apre. Hanno con sé solo gli stracci che indossano e un carrello della spesa pieno di tutto quello di utile che trovano lungo il cammino. Il cibo è la preoccupazione principale. L’altra è difendersi dagli altri esseri umani che per la fame hanno cominciato a mangiarsi tra di loro. Sono diretti verso il mare, lontano migliaia di chilometri. E’ la loro ultima speranza, di sicuro il loro ultimo viaggio.
C’è cenere dappertutto in “The road”. Anche dentro le persone e in fondo ai cuori. Il viaggio di padre e figlio non è solo per la sopravvivenza, è anche una profonda dimostrazione di amore paterno e un viaggio di formazione per il bambino. Che non capisce. Che chiede come fare a distinguere, tra quelli che incontrano, i buoni dai cattivi. Che chiede al padre se loro ce la faranno a restare sempre buoni, e gli insegna che si può. Di quello che è successo non si parla. Una guerra nucleare? La natura impazzita? Non è importante. Il punto è che privata delle cose materiali, più che della vita stessa, la civiltà umana muore. Solo i sentimenti possono tenerla viva, ma fino a quando?