di Sandro Calice
BAARIA
di Giuseppe Tornatore, Italia 2009 (Medusa)
Francesco Scianna, Margareth Madè, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Gaetano Aronica, Alfio Sorbello, Luigi Lo Cascio, Nino Frassica, Raoul Bova, Enrico Lo Verso, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Monica Bellucci, Giorgio Faletti, Leo Gullotta, Beppe Fiorello, Aldo Baglio, Gabriele Lavia, Laura Chiatti.
“Baarìa” è un film potente, un’epopea dei sentimenti, un omaggio e un richiamo alla memoria e alla passione civile. E’ il mondo guardato dalla periferia, dalla provincia, convinti però di esserne al centro, come dice lo stesso Tornatore: “Perché dalla provincia il mondo lo vedi ridotto ai minimi termini e dunque più nitido nella scelta tra l’essere e l’apparire, i sogni e le delusioni, il bene e il male”. Ma soprattutto, “Baarìa” è cinema che sa di Cinema.
Tre generazioni attraversano quasi un secolo di storia a Bagheria, in provincia di Palermo. Durante il fascismo, Cicco Terranuova è un pecoraio che intuisce nella lettura una potente arma di emancipazione. Suo figlio Peppino (Scianna), nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, già da piccolo non sopporta le ingiustizie, la prepotenza della mafia, il destino di povero. E scopre la politica, il Partito Comunista e le sue battaglie per la giustizia sociale e l’onestà. Sarà la passione di una vita, superata solo dall’amore per Mannina (Madè), osteggiato proprio perché Peppino è comunista, ma inarrestabile, come tutti i veri amori. Sventure, ostacoli e povertà non impediranno ai due ragazzi di costruire faticosamente la loro famiglia, di crescere i loro figli, di continuare la piccola, grande storia dei Terranuova.
Al figlio Pietro che, in tempi di estremismo politico, gli chiede chi siano i riformisti, quasi fosse un’offesa, Peppino risponde che sono “quelle persone che vogliono cambiare le cose con il buon senso, senza tagliare teste”. E aggiunge: ”Siamo quelli che vorrebbero abbracciare il mondo, ma abbiamo le braccia troppo corte”. Il sogno pervicace, presuntuoso, e l’impotenza davanti alla realtà. La passione, appunto. E’ qui il filo conduttore della storia dei Torrenuova (e del film). Un amarcord, ma anche un ricordarci chi siamo, noi italiani, da quali radici di umiltà e povertà veniamo. Ricordarci che il dialetto è la nostra storia, ma che la lingua e la cultura uniscono, non dividono. Farci sapere, a noi di oggi con la memoria corta e accorciata – quando non riscritta del tutto - da media e tecnologie, che una volta la politica era una fede, un impegno civile, una scelta di vita, a favore degli altri, di chi aveva bisogno. E che in particolare in quelle terre il Partito Comunista pagò un tributo altissimo, in termini di vite umane, alla lotta per la giustizia e la libertà.
“A me – dice Tornatore – quando erano piccolo non mi insegnavano solo come impugnare una forchetta, ma anche a relazionarmi con gli altri. Mi piacerebbe che anche oggi si insegnasse che la nostra libertà è bellissima, ma che deve fare un passo indietro per quella degli altri”. “Baarìa”, però, non è un film politico. Con buona pace di chi, pur definendolo un capolavoro, ci ha visto solo la storia di un comunista deluso dall’Unione sovietica, tanto da indurre il regista a dire:”Grazie per i complimenti, ma ridurre il film a questo episodio è sbagliato, è una bugia”. “Baarìa” è un dramma e una commedia insieme, costruito sul e dal virtuosismo di Tornatore, ma anche sulle scenografie di Maurizio Sabatini (Bagheria è stata ricostruita in Tunisia) e sulla musica, al solito evocativa, di Ennio Morricone. Il film uscirà nelle sale il 24 settembre, in dialetto siciliano (come qui a Venezia) per la Sicilia e in versione “italianizzata” per il resto della penisola.