“Il ruolo della geriatria è fondamentale- dice Sandra Fanfoni, direttore dell'Unità di Geriatria del Nuovo Regina Margherita di Roma- perché nella maggior parte dei casi il malato di Alzheimer è anziano e presenta altre malattie. Si tratta di un "anziano fragile“, con problematiche cliniche complesse che necessita di politerapia farmacologica e di riabilitazione“. Curare l'Alzheimer “non significa solo formulare diagnosi e prescrivere farmaci, ma anche e soprattutto affrontare i complessi problemi che presentano il malato, la sua famiglia e gli assistenti, in un’ottica di ‘presa in carico’ globale che è propria della nostra disciplina medica".
“La prevenzione- continua Sandra Fanfoni- è oggetto di ricerche soprattutto negli Usa dove vengono ampiamente divulgati dall’associazione Alzheimer consigli sugli stili di vita più utili a prevenire la demenza. La patologia non sembra più inevitabile anche secondo l’autorevole rivista del Karolinska Institute di Stoccolma: ’Chi, anche in tarda età, ha condotto una vita attiva dal punto di vista mentale, sociale e fisico, ha minore possibilità di ammalarsi di Alzheimer’”. Valgono “le raccomandazioni sulla prevenzione cardiovascolare (peso, ipertensione, colesterolo): ciò che fa bene al cuore fa bene anche al cervello".
La diagnosi precoce è importante?
Sì, come in altri campi della medicina. Occorre non sottovalutare i disturbi anche modesti della memoria che possono essere legati all’invecchiamento fisiologico o all’esordio insidioso della demenza, oltre che a patologie curabili e potenzialmente guaribili se diagnosticate in tempo (malattie della tiroide, depressione, carenza di vitamina B12 e acido folico, alcuni farmaci e così via). I disturbi della memoria sono molto diffusi anche in età pre-geriatrica e spesso vengono trascurati ed attribuiti genericamente all’età o allo stress, ma non sempre è così. Mentre per i disturbi fisici l’attenzione generale è abbastanza elevata ed il concetto di prevenzione è sufficientemente radicato, per i disturbi della memoria si assiste ad un vero e proprio “gap” culturale per cui frequentemente i pazienti giungono alla nostra osservazione quando il quadro è ormai avanzato. E’ necessario elevare il livello di attenzione dei medici e della popolazione perche il tema Alzheimer dovrebbe essere dibattuto maggiormente sia nelle sedi scientifiche che divulgative, con campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e del mondo scientifico.
Qual è il ruolo della riabilitazione nella demenza?
La terapia farmacologica è solo una parte della cura, che deve prevedere anche un piano riabilitativo personalizzato cognitivo (ROT, Validation Therapy ) e motorio nell’ottica della prevenzione della perdita dell’autosufficienza e della valorizzazione delle capacità residue del paziente. È necessario rivolgersi al malato di Alzheimer in quanto “persona”, con la sua storia personale e il suo mondo di emozioni, personalizzando l’intervento riabilitativo in base alle sue attitudini e alle capacità residue, anche con la finalità di ridurre i disturbi comportamentali, fonte di grave stress per il malato e per la sua famiglia.