Alzheimer, morbo silente del 3° Millennio


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Da piccoli disturbi a disagi gravissimi

Il neurologo Gabriele Carbone: 'Ecco come riconoscere la malattia' i

“Il decorso della malattia è variabile” spiega Gabriele Carbone, responsabile Centro Alzheimer Italian Hospital Group Guidonia (Roma): "I primi disturbi riguardano l’apprendimento di nuove conoscenze e la facilità a dimenticare eventi recenti, il che genera difficoltà nel lavoro e in attività complesse come salire su un bus o assumere farmaci". Poi "insorgono disturbi di orientamento spazio-temporale, del linguaggio e di riconoscimento, e anomalie del comportamento (aggressività, insonnia, agitazione psicomotoria, apatia) e psichiche (deliri, allucinazioni); in seguito, incapacità a compiere operazioni come nutrirsi e vestirsi poi a deambulare e deglutire".

“Per limitare i rischi dovuti alle ridotte risorse cognitive e funzionali - prosegue Carbone- occorre adattare gli ambienti. Mettere in sicurezza vie di fuga e facilitare l'identificazione degli spazi con disegni può ridurre i disturbi psicologici. Un malato può espletare i suoi bisogni in luogo diverso dal bagno perché non lo trova e ciò può dargli deliri come l’essere abbandonato in una casa diversa dalla sua. Un ambiente sicuro coinvolge il malato e gli fa sentire un’utilità che riduce le frustrazioni dovute ai suoi limiti". Quanto ai familiari “è importante non isolarsi e confrontare le difficoltà e le strategie adottate per superarle. L’aumento del numero di questi malati ha portato al progressivo sviluppo di specifici gruppi di auto mutuo aiuto che si riuniscono con cadenza mensile o quindicinale e sono organizzati all’interno di strutture sanitarie dedicate ai malati di Alzheimer o in situazioni meno strutturate come ad esempio negli “Alzheimer cafè”. Tali gruppi, al cui interno è presente la figura dello psicologo, diventano un momento di sostegno e scambio informativo importante per chi si prende cura di questi malati. Sul territorio nazionale sono inoltre presenti associazioni di familiari che offrono informazioni e sostegno a chi si trova a confrontarsi con la malattia per rendere meno drammatico il percorso di cura”.

Chi e come può diagnosticare la malattia?
Il sospetto di essere stati colpiti viene generalmente posto dal medico di medicina generale che avvia il percorso diagnostico o invia allo specialista (normalmente neurologo o geriatra) per gli accertamenti e le cure.

Quali sono, oggi, le speranze di miglioramento?
Sono in corso numerose ricerche per individuare terapie efficaci nella cura della malattia. Da circa 10 anni sono disponibili farmaci che rallentano l’evoluzione dei sintomi della malattia: gli inibitori dell’acetilcolinesterasi. Sono farmaci sintomatici e non agiscono quindi sulle cause della malattia di Alzheimer. La loro efficacia è limitata ad una parte delle persone coinvolte ed i risultati migliori si ottengono quando la terapia viene effettuata nelle fasi iniziale e moderata della malattia. La loro azione si esplica attraverso un aumento dell’acetilcolina, una delle più importanti molecole del nostro sistema nervoso che risulta ridotta nella malattia. Da alcuni anni viene anche utilizzata un’altra molecola, la memantina, che sembra essere leggermente efficace nel rallentare l’evoluzione della malattia. Questa molecola viene utilizzata nelle fasi moderate e severe della malattia. La memantina è rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale solo nella fase moderata della malattia; gli inibitori dell’acetilcolinesterasi sono invece rimborsabili sia nelle fasi lievi che nelle fasi moderate. Da più parti si reclama una legge. E, sul tema, forse si potrebbe raggiungere una convergenza tra i vari partiti.

Ma perché serve un tale provvedimento?
L’urgenza quantomeno di una rapida discussione è data dalla necessità di colmare il grave vuoto normativo che, di fatto, non permette di assistere, con adeguati interventi socio-sanitari, un sempre maggiore numero di cittadini (e le loro famiglie) colpiti da varie forme di demenza. Manca in pratica una specifica rete di servizi che si faccia carico di garantire una giusta assistenza per gestire le sempre maggiori difficoltà che si presentano nel lungo decorso di queste patologie. I malati e le loro famiglie troppo spesso si trovano ad affrontare la malattia di Alzheimer e le patologie correlate senza avere precisi punti di riferimento cui rivolgersi per ottenere assistenza medica specialistica, sociale e giuridica. Nelle pochissime, direi rare, fortunate realtà nazionali in cui si sono attivati servizi specifici per rispondere ai bisogni dei malati e delle loro famiglie questi risultano insufficienti, rispondono solo ad alcuni dei tanti bisogni che queste patologie comportano e molto spesso non sono nemmeno conosciuti da chi ne potrebbe usufruire; quasi sempre non è possibile ottenere interventi riabilitativi - troppo spesso erroneamente considerati inutili per queste patologie – psicologici, sociali e giuridici, e c'è un'organizzazione tale da poter garantire una continuità di interventi che in queste patologie, come in tutte le malattie croniche, è fondamentale per rendere veramente efficiente ed efficace la risposta alle necessità che si presentano. Manca, in sostanza , la possibilità di attuare la presa in carico del malato e della sua famiglia in una rete integrata di servizi specificamente dedicati. Eppure sono bisogni che un paese civile non può trascurare. Una legge deve essere varata e agire lungo queste direttive per tutelare i cittadini più fragili.