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'Augurateci di morire nelle nostre redazioni'

L'appello di Mohammad Ghouchani, giornalista arrestato a Teheran

di Maurizio Iorio

“Etemad e meli” è un piccolo quotidiano di Teheran, di proprietà dell’ex-presidente del parlamento Karroubi, uno dei candidati riformisti presentatosi alle recenti, contestatissime, presidenziali iraniane del 12 giugno. “Lo lasciano vivere perché non vende che poche copie”, aveva scritto Vanna Vannuccini, corrispondente di Repubblica, nel 2006. Da sabato scorso anche “Etemad e meli” è entrato nel mirino della dura repressione del regime sui media, sia locali che stranieri.

Il direttore del giornale, Mohammad Ghouchani, è stato arrestato, subito dopo aver pubblicato il suo ultimo editoriale. “Augurateci di morire nelle nostre redazioni, quello sarà per noi il giorno della libertà di stampa”. Questo il succo del disperato appello lanciato da Ghoucani, che riesce con poche, commoventi parole, a spiegare come quello del giornalista, in Iran, sia un mestiere ad alto rischio. “Per noi è un desiderio irraggiungibile poter invecchiare facendo questo mestiere. Magari potessimo morire nella nostra redazione”, scrive Ghoucani. “In questi giorni rimanere giornalisti è diventato difficile. Con queste gabbie, con queste censure, questi stipendi da fame, oggi si può rimanere giornalisti?”. E ancora: “Noi della terza generazione iraniana siamo i più consapevoli della morte, i più calunniati. Sul nostro futuro non governa né ragione, né sentimento, né pietà. Ogni giorno in cui andiamo in redazione non sappiamo se ci sarà un domani”.

Ghouchani conclude il suo articolo augurandosi di morire dietro al sua scrivania. “Conoscete forse un mestiere in cui per il più piccolo degli errori tutti i dipendenti vengano impiccati o, se va bene, licenziati? O dove, per un’accusa di 10 anni prima, e dopo 10 anni di carcere, si viene condannati ad altri 10 per lo stesso reato? Solo il giorno in cui vedremo i nostri vecchi giornalisti morire di vecchiaia dietro le loro scrivanie - conclude – sarà il nostro giorno più felice. Solo il giorno in cui moriremo giornalisti, sapremo d’aver vissuto da giornalisti. Dunque, oltre alla morte, non augurate null’altro alla mia generazione”. Perché “quel giorno sarà il giorno della libertà di stampa in Iran”.