SAN VALENTINO DI SANGUE 3D

  di Sandro Calice

  SAN VALENTINO DI SANGUE 3D
  di Patrick Lussier, Usa 2009 (Medusa)
  Jensen Ackles, Jaime King, Kerr Smith, Kevin Tighe,
  Edi Gathegi, Tom Atkins, Betsy Rue, Megan Boone.

  L’originale “San Valentino di sangue” (“My bloody Valentine” in 
  inglese) del 1981 fu un caso cinematografico tra gli appassionati del
  genere horror, e Quentin Tarantino lo definì “il miglior splatter di 
  tutti i tempi”. Lussier, un passato di addetto al montaggio con Wes
  Craven, riprende quella storia e, restandole fedele, la ripropone con
  la tecnologia 3-D.

Nella cittadina di Harmony, Tom Hanninger (Ackles), un minatore senza esperienza, causa un incidente nella miniera che costa la vita a cinque uomini. L’unico sopravvissuto, Harry Warden, entra in coma, ma si risveglia un anno dopo nel giorno di San Valentino, in preda a una furia omicida. Vestito con la tuta da lavoro, con tanto di maschera anti gas, luce sull’elmetto e armato di piccone, uccide 22 persone prima di rimanere sepolto a sua volta nel crollo della miniera. Dieci anni dopo Tom ritorna ad Harmony proprio nel giorno di San Valentino per vendere quella miniera e liberarsi dei fantasmi che lo perseguitano. La sua vecchia fidanzata, Sarah (King) si è sposata col suo ex amico Axel (Smith), sceriffo della città. Il suo ritorno, però, coincide con nuovi, brutali omicidi. Un minatore con maschera e piccone si aggira nuovamente per la città in cerca di vendetta. Harry Warden è tornato o qualcuno ha raccolto la sua eredità?

La tridimensionalità, qui nella versione tecnologica più avanzata a disposizione sul mercato, aggiunge sicuramente fascino ed efficacia a questo splatter vecchia maniera. Non foss’altro che per curiosità, è un’esperienza da fare: oggetti e personaggi entrano realisticamente in sala e, se ci si lascia andare, i sussulti sulla poltrona sono garantiti. Il film in se stesso non è un capolavoro. All’inizio degli anni ’80 lo splatter conobbe un periodo di gloria, che dal cinema si riversò anche nei fumetti, con buoni risultati. Oggi, forse, i palati sono più raffinati (o smaliziati) e lo spavento affidato a prevedibili sorprese o a crani sfondati funziona molto meno. Questo nonostante Lussier abbia applicato bene la lezione del suo maestro Craven: puntare sui personaggi e sulla storia, piuttosto che solo sugli effetti e sui litri di sangue. Il minatore Harry Warden, comunque, sulla scia dei serial killer con strumenti da lavoro, è un personaggio che non sfigura a fianco di icone come Leatherface e soci.