di Sandro Calice
TERRA MADRE
di Ermanno Olmi, Italia 2009 (Bim)
Documentario, voce narrante Omero Antonutti
La prima cosa che viene in mente guardando questo bel film
documentario é che meno male che al mondo c'è chi pensa anche
al nostro bene, nonostante noi. C'è un mondo che in nome del
consumismo e del profitto (per pochi) sta irragionevolmente
distruggendo se stesso e tutte le sue risorse, a cominciare dalla più
importante: il cibo. C'è poi un altro mondo, di contadini e pescatori, che cercano di salvare il futuro di tutti noi, attraverso – come dice Olmi - “una testimonianza eroica di eterna e leale alleanza con la natura e i suoi frutti”. E' il mondo che ogni due anni, dal 2004, si ritrova a Torino per “Terra Madre”, il meeting mondiale pensato e organizzato da Carlo Petrini. Il lavoro di Olmi prova, poeticamente, a farci venire almeno il dubbio che il primo mondo sia profondamente sbagliato.
Il documentario è diviso in due parti. La prima racconta il Forum Terra Madre del 2006. Olmi si immerge con partecipazione tra migliaia di persone provenienti da 153 Paesi: “Ho riconosciuto i contadini come li ricordavo al tempo della mia infanzia – dice – i volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo”. Ed è potente l'effetto straniante che si prova se si confrontano quei volti con quelli “di plastica” di una qualsiasi assise pubblica alla quale siamo abituati, dal cinema alla politica. Olmi poi segue alcune di quelle mille storie nei loro Paesi, da Dehradun, nel nord dell'India, per riprendere la raccolta del riso nei pressi della Navdanya Farm, la fattoria di Vandana Shiva (presidente della Commissione internazionale sul futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura) dove sono custoditi i semi del riso tramandati di generazione in generazione; fino alle isole Svalbard, nel nord della Norvegia, per filmare l'inaugurazione della Banca Mondiale dei Semi, milioni di piccole speranze custodite nel ghiaccio.
La seconda parte, “L'orto di Flora”, è un toccante, muto, magistrale sguardo sulla vita del contadino. Un'assenza di parole che ci costringe a subire, non essendoci più abituati, i ritmi della natura. Una storia d'amore tra l'uomo e la terra che abbiamo dimenticato. Una fatica che trova il suo premio nella bambina che, alla fine, mangia i frutti di quel lavoro. E ci si alza dalla poltrona con un po' di rabbia e di serenità, per il futuro che continuano a rubarci e per la voglia di sporcarsi le mani, affondandole nella terra.