di Germana Lang
Quali sono i rischi per le donne in un periodo di pesante crisi economica, anche dal punto di vista culturale?
Sono due. Il primo è che sono più esposte alla perdita del lavoro: le donne sono infatti più concentrate nelle occupazioni a tempo e non protette. Il secondo è che ci si aspetta da loro che investano più tempo nel lavoro familiare perché così si economizza: il rischio è che siano ributtate nel lavoro domestico familiare intensivo e perdano quella autonomia economica che avevano.
C’e’ quindi il rischio che non solo tornino in casa, ma anche che tornino ad assumere un ruolo ancora piu’ presente nella famiglia, occupandosi non solo dei bambini,ma anche degli anziani?
Ma tutto questo lo stanno già facendo, non è che abbiano mai smesso di farlo. Diciamo che se avevano qualche aiuto - perché se lo potevano permettere, perché avevano un reddito o perché lavoravano per il mercato -e forse non dovevano lavorare troppo in famiglia, ora questa giustificazione viene meno e quindi si troveranno investite più facilmente da un’intensificazione del lavoro domestico e familiare.
Quali interventi servirebbero per supportarne il ruolo all’interno della società, soprattutto in questo periodo?
Se c’è una cosa chiara, non solo per le donne, è che introdurre degli ammortizzatori sociali più universalistici di quelli che abbiamo sarebbe una soluzione, almeno per la protezione del reddito. Tutti coloro che sono occupati in questi contratti di lavoro atipici sono i più esposti, sia alla perdita del lavoro, che per l’assenza di ammortizzatori sociali. Se c’era un momento in cui, invece che fare le cose in deroga come sta facendo il governo, si doveva introdurre un sistema più universale di protezione era questo. Di questo ne avrebbero avuto benefici anche le donne, che sono le più concentrate in questo tipo di occupazioni. Poi anche investire in servizi sarebbe un modo sia di ampliare la domanda del lavoro, che per aiutare il lavoro delle donne. Mi rendo conto che sembra un lusso. Come sempre investire in cose che possono alleggerire i compiti femminili sembra un lusso, cui neanche pensare in periodi di crisi, certi che le donne possano comunque farci fronte.
Molto si è parlato di telelavoro, come opportunità e come risorsa per le donne. Ma non c’è il rischio di isolare troppo le lavoratrici? Quali sono, a suo guidizio, pregi e difetti di questa modalità di lavoro ? Questo è un problema molto dibattuto in generale, non solo per le donne. Non si può dare un giudizio univoco: dipende dal tipo di lavoro, quanto più è qualificato meno c’è il rischio di isolamento, dipende dalla possibilità di alternare il telelavoro in casa e in azienda, perché anche questo è importante per mantenere le reti sociali e per mantenere un rapporto con i capi.. Ci sono poi occupazioni e anche momenti della vita che non si capisce perché uno debba uscire tutti i giorni di casa e non possa lavorare tranquillamente a casa propria . Ad esempio, il lavoro intellettuale è uno di questi , si fa benissimo da casa e non isola affatto. Insomma, dipende dal lavoro, dal capitale culturale e sociale che uno ha, e dipende anche da come è organizzato il telelavoro.
Quali sono le risorse da valorizzare dell’universo femminile, del modo di lavorare, di fare impresa?
Io non credo molto in differenze ontologiche tra uomini e donne, per cui le donne sono capaci di fare delle cose e gli uomini di farne altre. Oggi le donne hanno più istruzione o pari a quella degli uomini, per cui non utilizzarle è uno spreco sociale enorme. Se poi vogliamo dire le competenze che le donne sviluppano più spesso degli uomini, anche per il modo in cui sono collocate nella divisione del lavoro e nell’attribuzione della responsabilità, ci sono le capacità di empatia, di mettersi al posto dell’altro, di negoziare senza confliggere subito. Capacità che costituiscono una risorsa, tanto che a volte le aziende insegnano queste competenze ai propri uomini. Peccato che sia più facile che il management le insegni agli uomini piuttosto che valorizzare le donne che ha già.
C’è una possibilità di uscire in positivo da questa crisi? Che cosa si può fare per non arretrare culturalmente?
Dipende da dove si è collocati nella scala sociale e con quali risorse. Ci sono rischi fortissimi anche per gli uomini, per gruppi di uomini, non solo per le donne. Penso che questa sia una occasione in cui si può riformare il nostro stato sociale affinchè sia un po’ più equo. Se c’è una cosa positiva che emerge da questo dramma è che finalmente si riconosce l’esistenza della povertà. Nessuno più, a destra o sinistra, può dire che non ci sia. Ci voleva questa grande crisi per sentire finalmente Tremonti dire che la povertà esiste, perché diventasse un tema, così come la protezione dalla perdita del lavoro. In modo troppo frammentato, però ci si sta rendendo conto che non si può pensare di proteggere solo gli insider ma occorre pensare anche agli outsider, una riflessione sulla necessità di riformare gli ammortizzatori sociale è entrata nell’agenda. Si sta cominciando a pensare che occorre una protezione per i non protetti, anche perché se questi lavoratori non hanno soldi e non possono spendere l’intera economia non va avanti . Con la discussione sull’età pensionabile delle donne , provocata dalla sentenza della Corte europea, ora si comincia ad accorgersi anche di tutto il lavoro gratuito che le donne fanno. Certo, si sentono anche cose non proprie carine, del tipo che è bene che le donne vadano in pensione per occuparsi dei vecchietti e dei nipotini, ma almeno ci si rende conto dell’enorme mole di lavoro che le donne occupate e non fanno e ci si rende anche conto che se smettessero di farlo sarebbe un enorme problema sociale. Allora bisogna fare qualcosa, non soltanto pensare di mettere prima in pensione le dipendenti pubbliche.