Venezia 70


Stampa

Le donne mostruose di Emma Dante

Friedkin: ‘Ricordiamoci che l’arte è un martello’ emma_dante_venezia_296

di Sandro Calice

Esordio con applausi nel secondo giorno della Mostra per “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante, primo italiano in concorso e primo film ad aprire la competizione. Esordio sul grande schermo per la regista teatrale, è la storia paradossale dello scontro tra due donne bloccate in una strada nella Palermo di oggi. L’altro film in concorso è “Tracks” di John Curran, tratto dal romanzo autobiografico di Robyn Davidson, che nel 1975 attraversò l’Australia in compagnia di quattro cammelli e un cane.

E' anche il giorno del Leone alla Carriera a William Friedkin, autore di capolavori come “L’Esorcista” e “Il braccio violento della legge”, un regista – dice nelle motivazioni del riconoscimento il direttore Barbera – che “ha rivoluzionato due generi popolari come il poliziesco e l’horror, inventando di fatto il blockbuster moderno”. “Dobbiamo ricordarci- ha detto Friedkin – che, come diceva Majakovskij, l'arte è un martello. Questo è anche il ruolo del cinema: può trasformare la società. Il cinema può mostrare e far accettare le diversità. Il mondo oggi è al limite dell'estinzione. Siamo come ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, tutti minacciano tutti, ma oggi basta un pazzo che disponga di una bomba atomica per distruggere tutto. E non ci sono Superman o Batman che volano su di noi”. Sul futuro rivela che potrebbe tornare a lavorare con Tracey Letts, sulla cui opera era basato 'Killer Joe': "Vorremo fare insieme un western dei giorni nostri. Tracey sta lavorando ad una sceneggiatura basata sul romanzo ‘The Grapes of Wrath' di John Steinbeck, da cui già John Ford ha fatto un film. Se lo faremo lo porteremo a Venezia, sempre che ci invitino”: Infine le tre cose principali che dice di aver imparato facendo cinema: “L'importanza della collaborazione, l'essere aperto alle idee degli altri e l'essere onesti con se stessi”.

Venerdì sono tre i titoli che si contendono il tappeto rosso. In Concorso troviamo “Joe” di David Gordon Green con Nicolas Cage, storia di un ex detenuto e di un ragazzino sfortunato che gli cambia la vita. Si scontra con “La moglie del poliziotto” del tedesco Philip Groning, interno di famiglia borghese tra amarezze e felicità. Ma l’attesa è grande anche per la pellicola Fuori Concorso “Canyons”, diretto da Paul Schrader, con Lindsay Lohan e la pornostar James Deen, che promette alte temperature.

VIA CASTELLANA BANDIERA

di Emma Dante, Italia-Svizzera-Francia 2013 (Istituto Luce – Cinecittà)
Fotografia di Gherardo Gossi
con Emma Dante, Alba Rorhwacher, Elena Cotta, Renato Malfatti, Dario Casarolo, Carmine Maringola, Sandro Maria Campagna
.

Si può anche morire per una questione di principio.

Rosa (Dante) e Clara (Rorhwacher) sono una coppia e sono a Palermo per il matrimonio del migliore amico di Clara. Le cose non vanno bene tra di loro, sono nervose, si perdono tra le strade della città e finiscono in una stradina alle pendici del Monte Pellegrino, via Castellana Bandiera. Ma arrivano nel momento sbagliato: nella stessa strada, dalla direzione opposta, arriva la macchina della famiglia Calafiore, guidata dalla suocera del capofamiglia, Samira, donna albanese, di pietra e lacrime. Basta uno sguardo tra Rosa e Samira perché le due donne capiscano che non è già più solo una questione di precedenza. Mentre attorno i maschi della famiglia e tutta la comunità del quartiere si impossessano della situazione, le donne proseguono nel loro duello, silenzioso e feroce. Può solo peggiorare.

Tratto dal romanzo omonimo della regista, “Via Castellana Bandiera” è un racconto duro, scarnificato, nonostante la colorata ma cupa umanità che gli gira attorno; fatto di primi e primissimi piani, dove gli altri urlano ma le protagoniste (tutte brave, soprattutto Elena Cotta) hanno dialoghi essenziali. La stupidità che genera la vicenda è disarmante, ai limiti dell’ottusità, quasi forzata e fastidiosa per lo spettatore, che nonostante il dramma fatica a emozionarsi. Dietro c’è il regolamento di conti di ognuna delle due donne non con l’avversaria, ma con se stessa.

Come racconta la regista “queste due donne si impuntano, sono tenaci ma poi si sciolgono e questo stare una davanti all'altra è un modo per riconoscersi. Vedono il mostro che c’è dentro, queste due donne sono mostruose alla fine del film. E questa loro mostruosità mi piace perché è anche la verità”. A Emma Dante, che nel film dichiara e ci mostra il suo grande amore per la città di Palermo, piace la definizione di western, anche perché ammette citazioni dall’amato Sergio Leone, oltre che situazioni alla Ciprì e Maresco. In realtà, dice, “questa non è una storia locale, ma simbolica del momento che stiamo vivendo, una situazione di stallo in cui non riusciamo neppure a cadere, invece forse sarebbe più costruttivo cadere per rinascere”.



TRACKS

di John Curran, Australia 2013 (BIM)
Fotografia di Mandy Walker
con Mia Wasikowska, Adam Driver
.

I viaggi, soprattutto quelli “epici”, sono quasi sempre alla ricerca di se stessi.

1975. Robyn arriva nella polverosa cittadina di Alice Springs, in Australia. Inquieta, tenace, intelligente, una storia personale dalla quale vuole allontanarsi, una meta che ancora non conosce. Fa qualche lavoretto di fortuna, sopravvive, poi capisce: deve viaggiare, un viaggio straordinario, arrivare fino all’Oceano Indiano, 2.700 chilometri attraverso il deserto australiano. Con lei solo l’amato cane Diggit e quattro cammelli. Mancano i soldi, e si materializzano nell’offerta di Rick Smolan, intraprendente fotografo del New Yorker e del National Geographic, che si offre di finanziarle l’impresa, a patto però che lui possa fotografarla. Robyn tentenna, poi accetta. L’impossibile può iniziare.

Curran (“Il velo dipinto”, “I giochi dei grandi”) affronta “Tracks” cercando un po’ di divincolarsi dalla natura di diario intimo che Robyn Davidson diede al suo racconto di quell’impresa. Capiamo quasi da subito le motivazioni che hanno spinto la ragazza a intraprendere quel viaggio (al di là delle romantiche celebrazioni della libertà e dell’avventura) e scopriamo la sua storia man mano che lei, il cane e i cammelli si inoltrano in quelle terre bellissime e pericolose. Oltre però la bravura della protagonista e la grandiosità dei paesaggi, il film procede senza particolari sussulti, concentrandosi soprattutto sulla fatica, anche interiore, della protagonista, che dopo un po’ abbiamo compreso aspettandoci altro, una frustata emotiva, che invece non arriva.