UNDERWORLD - LA RIBELLIONE DEI LYCANS

di Sandro Calice

 Underworld – La ribellione dei Lycans
 di Patrick Tatopoulos, Usa 2009 (Sony Pictures)
 Michael Sheen, Rhona Mitra, Bill Nighy, Steven Mackintosh, Kevin
 Grevioux

 Vampiri e licantropi sono di casa al cinema. Il terzo capitolo della
 saga di “Underworld”, in realtà un prequel, prova a costruire una 
 mitologia delle due razze, andando alle origini della storia.

 Più di mille anni fa, due razze di esseri sovrannaturali nacquero 
 da un immortale, Alexander Corvinus. I vampiri, aristocratici, 
 spietati, i Portatori di Morte, sorsero dalla stirpe di Markus; i 
 licantropi, bestie senza traccia di umanità, feroci e violente, da 
 quella di William. Ovviamente i vampiri ebbero il sopravvento, 
 presero possesso della loro terra d’origine, l’attuale Ungheria, e sottomisero i licantropi, usandoli come animali da guardia per vegliare sul loro sonno diurno. Questo fino alla nascita di Lucian, un mutante si direbbe oggi, il primo licantropo in grado di controllare a piacimento la sua trasformazione e quindi di governare la sua bestialità. Lucian nasce schiavo e il suo sangue viene usato da Viktor, potente leader dei vampiri, per creare una nuova specie, i Lycans. Ma il caso è in agguato, e quando la figlia di Viktor, la bella Sonja, si innamora di Lucian, le catene faranno fatica a trattenere i Lycans e anche i vampiri conosceranno la paura. Al di là delle facili “ispirazioni”, da Giulietta e Romeo a Spartacus, “Underworld – La ribellione dei Lycans” è un film che rispetta tutti i codici del genere, senza velleità e letture nascoste. E in questo è ben fatto e divertente. Semmai, è proprio la sua linearità, la sua semplicità a renderlo fragile. Si sente che Tatopoulos ha fatto per anni il supervisore agli effetti speciali ed è alla sua prima regia. Aveva in mano una bella idea, ma non va a fondo. Il film è godibile quando un discreto fumetto o un videogame, ma entrando nel gioco era lecito pretendere qualche “spiegazione” in più, quei dettagli che piacciono agli appassionati, ad esempio, come la descrizione e il raffronto dei poteri delle due razze o, visto che si era andati alle origini, racconti e retroscena sui loro capostipiti immortali. Invece si resta congelati allo scontro in un ambito circoscritto, come il “quadro” di un videogame, appunto, senza epica, come in una normale battaglia medievale. Trattandosi di prequel, sappiamo già come andrà a finire, ma non scommetteremmo sul fatto che la saga non possa continuare.