di Sandro Calice
“L’unico peccato è la stupidità”. E’ la frase più intelligente della prima serata del Festival di Sanremo, e la dice Benigni scagliandosi contro i pregiudizi sugli omosessuali, “persone che sono state torturate e uccise per l’unica colpa di amare qualcuno” e che “non sono fuori dal piano di Dio”. E si congeda recitando la lettera che Oscar Wilde, imprigionato per la sua omosessualità, scrisse dal carcere alla persona che amava.
La serata d’esordio è stata soprattutto lui. Ma si apre con Bonolis che racconta la lunga storia della canzone alla piccola Beatrice e il video di Mina che canta “Nessun dorma”. Poi, nella splendida scenografia di Castelli, parte la gara.
Dolcenera (un tentativo rock), Leali (parla dei figli e canta da Sanremo), Tricarico (premio al surreale), Marco Carta (siamo sicuri che piacerà, agli altri), Patty Pravo (bella canzone, peccato per l’emozione), Marco Masini (un testo a suo modo “impegnato”), Francesco Renga (pezzo difficile, grande voce, ma manca qualcosa). Nel mezzo la primadonna Alessia Piovan e lo spacco malandrino del vestito mentre scende le scale, le gag di Paolo con Laurenti, nel loro tipico stile, il modello Paul Sculfor e il presidente dell’Onu Escoto, che dice:”Dobbiamo capire e accettare che in questo mondo siamo fratelli e sorelle: o ci amiamo o affondiamo”.
Poi arriva Benigni, e raccontare le sue battute non renderebbe l’idea. Berlusconi, ovviamente, è il bersaglio preferito. La sconfitta del centrosinistra in Sardegna, “dove ha vinto quel sardo, come si chiama…Berlusconacci”. “Che vuoi che sia – dice Benigni a Veltroni – vedrai che prendiamo la maggioranza alle Eolie. Rialzati Walter!”. In realtà, dice il comico, a Berlusconi interessa Ajaccio. Lui dice che è più alto di Napoleone, per la questura è più basso”. Ce n’è anche per Mina, che “ormai manda solo filmati: sono rimasti lei e Bin Laden a farlo”. Ma torna subito a Silvio: “Ho avuto un’idea. Per diventare un mito, fai come Mina: sparisci. Va lontano, più lontano della Svizzera. Su un’isola, magari con Apicella. Poi mandate una canzone e io la canto: di Berlusconi-Apicella, canta Benigni, ‘Tu vuò fa Napolitano’”. Scherza con Alfano, che “si è laureato 110 e lodo”, col testo “hard” della canzone della Zanicchi e con i politici che parlano della certezza della pena, mentre gli italiani pensano alla certezza della cena. Prima della chiusura con Wilde.
Ricomincia la gara. Il trio Pupo-Belli-Yossou Ndour (Ndour alza il voto), Gemelli Diversi (gioie e dolori del rap italiano), Al Bano (l’ugola è nota, la canzone chissà), Afterhours (siamo su un livello diverso), Iva Zanicchi (il contrario degli Afterhours), Nicolai e Di Battista (il testo di Jovanotti rallegra una bella voce e un grande sax), Povia (le polemiche sul testo sono l’unica cosa da ricordare. Grillini chiede la parola e, citando la storia di un amico, dice “impara Povia cos’è la felicità degli omosessuali), Sal da Vinci (si sente il marchio D’Alessio, piacerà ai suoi fan), Alexia-Lavezzi (il talento di uno e la voce potente dell’altra ci sono, l’impressione e che non bastino).
A Katy Perry tocca la spolverata di musica internazionale, prima che Paolo, inaugurando lo spazio “Caro Sanremo…”, scritti di autori famosi dedicati al Festival, legga una delicata poesia di Alda Merini.
A notte inoltrata appaiono i giovani, introdotti da un video dei loro padrini eccellenti. Gino Paoli presenta Malika Ayane (se fosse la qualità a fare le categorie, avrebbe dovuto essere tra i big), Zucchero presenta la figlia Irene (brava, canzone potente), Ornella Vanoni presenta Simona Molinari (un swing efficace impreziosito dalla tromba di Bosso) e Riccardo Cocciante presenta Filippo Perbellini (voce e pettinatura simile al suo mentore, canzone semplice). I primi verdetti. La giuria demoscopica dell’Ariston fa le sue prime “vittime”: esclusi (ma potranno essere ripescati giovedì) gli Afterhours,, Tricarico e Iva Zanicchi. Appuntamento a domani.