Adam, il killer della scuola di Newtown, aveva tentato di acquistare armi alcuni giorni or sono in Connecticut, lo Stato della strage: ma non gliele hanno vendute. Le armi, le ha rubate alla madre Nancy, uccisa da lui prima della mattanza, che regolarmente portava i figli al poligono.
L'atroce eccidio in Connecticut ha riacceso negli Usa ancora una volta il dibattito sul controllo delle armi. Questa volta però ci sono di mezzo 20 bambini, e la cosa potrebbe fare la differenza, affermano alcuni, ma non necessariamente nella direzione di un giro di vite nelle norme che regolano la materia. Anzi, non di rado, proprio in direzione opposta. ''Dobbiamo unirci e decidere misure significative per evitare che tragedie come questa si ripetano, al di là della politica'', ha affermato il presidente Barack Obama, trattenendo a stento le lacrime.
Appena poche parole, in una dichiarazione incentrata in massima parte sugli aspetti emotivi della tragedia. Ma si tratta di parole di certo non scelte a caso, afferma il New York Times, ricordando che il presidente già da tempo, pur ribadendo di non voler mettere in discussione il diritto costituzionale di detenere armi, auspica nuove norme basate sul ''buon senso''. Aveva ad esempio ventilato la possibilità di impedire l'acquisto di armi da guerra, o di adottare maggiori controlli sulla stabilità mentale degli acquirenti.
Ma sin dalle prime ore dopo la strage a Newtown, i sostenitori della libertà di possedere liberamente fucili e pistole hanno aperto un fuoco di sbarramento affermando che tragedie del genere non devono essere ''politicizzate'' e che comunque in molti casi avvengono proprio a causa di norme troppo restrittive.
La legge sul possesso di armi in Connecticut, sottolineano, è una delle più severe degli Stati Uniti. Ci sono sono luoghi in cui le armi non possono entrare, e questo ''crea situazioni in cui i criminali hanno la pistola e tutti gli altri no e così è di fatto impedito loro di difendersi'', afferma Dave Workman, direttore di un periodico di poprietà di una lobby pro-armi.
Larry Pratt, direttore esecutivo di 'Gun owners of America' sostiene che ''che c'é sangue sulle mani'' di coloro che vogliono un maggiore controllo, perché sono a favore delle zone interdette alle armi che sono legge in quasi ogni Stato del nostro Paese. Di certo l'argomento fa presa su molti. Tanto che poche ore prima della strage, i parlamentari del Michigan hanno approvato una legge per consentire di portare nello stato armi anche in luoghi dove ci sono esplicite restrizioni, come stadi, scuole, asili nido e chiese, purché non in vista e oltre alla licenza di porto d'armi si sia frequentato un corso aggiuntivo.
Ora è sul tavolo del governatore Rick Snyder che non l'ha ancora firmata, ma la sta attentamente valutando. Come un fiume carsico, il dibattito sul controllo delle armi negli Usa riemerge ogni volta che si ripetono tragedie della follia come quella in Connecticut. A volte a distanza di mesi, a volte solo di settimane. Drammaticamente spesso, ma finora, invano.
La strada per una stretta appare comunque ancora tutta in salita, nonostante solo dal 1982 ci siano stati nel Paese almeno 61 omicidi di massa, in oltre 30 stati. Secondo sondaggi della Gallup, il numero di favorevoli a norme più severe è sceso dal 78 per cento del 1990 al 62 per cento nel 1995, al 51 per cento nel 2007, fino al 44 per cento nel 2010.