di Maurizio Iorio
(maurizio.iorio@rai.it) Neil Young
Psychedelic Pill (Reprise)
E’ invecchiato, Neil Young. Lunghe tracce bianche solcano i suoi capelli e le sue basette. Ma è solo la carrozzeria a mostrare i segni del tempo, il motore gira che è un piacere. Un motore che lo ha portato a viaggiare tra i generi musicali, non ce n’è uno che non abbia esplorato, nel bene e nel male, attraversandolo orizzontalmente, pronto ad abbandonare la postazione non appena fossero arrivati i rinforzi. E’ stato a Woodstock, e se n’è andato insalutato ospite, senza neanche tornarci, come ogni postino che si rispetti. Ha dato il colpo di grazia al punk, ha guidato la psichedelia, ha visitato il country, è passato per il bluegrass, ha giocato con i computers, si è divertito con il rockabilly, ha “inventato” il grunge. E i giovani lo venerano come il proprio profeta. Per gli americani è Mr. GON, un acronimo che sta per Good old Neil (caro, vecchio Neil). Vecchio sì, ma non patetico. E’ riuscito a superare le crisi esistenziali, la tossicodipendenza, l’epilessia, la scomparsa degli amici, i problemi legati ai due figli cerebrolesi, le delusioni sentimentali. Se non fosse per quella carrozzeria un po’ ammaccata, si potrebbe affermare che il cantautore canadese stia attraversando una seconda giovinezza. Solo qualche mese fa ha pubblicato “Americana”, una raccolta di traditionals rivisitati con la sua rugginosa e ringhiosa band di sempre, i Crazy Horse. Adesso arriva sul mercato con “Psychedelic Pill”, la prima raccolta di canzoni originali con i suoi Horses da “Broken Arrow” (1996). E si torna alle origini, senza nostalgia o rimpianti, ma solo perché l’oggi non vale il passato. I Crazy Horse, alle soglie dei 70 anni, suonano sporco come sempre e gli strumenti lavano via le patine dell’Mp3. Per questo, insieme a Bob Dylan, Neil Young ha fatto progettare il Pono, un nuovo supporto musicale che avrà il suono denso e perfetto dei vecchi vinili, e che uscirà in primavera (“L’Mp3 ha omologato la musica, tutto suona uguale. Vedremo i suoi effetti quando una generazione riscoprirà i suoni originali dei nastri su vinile”). La “pillola psichedelica”, a parte qualche rimando all’espansione cosmica dei brani alla Grateful Dead, di psichedelico non offre poi molto. Piuttosto propone un ritorno alle ballate acide, alle infinite jam delle quali è noto solo il punto di partenza ma non quello d’arrivo. Così l’estensione temporale delle svisate di chitarra raggiunge lunghezze ormai dimenticate nei 27 minuti di “Driftin’ Back”, nel 16 di “Ramada Inn” e “Walk like a Giant”, negli 8 di “She’s always dancing”. Infinite le autocitazioni, dal pleistocene del rock fino a Broken Arrow, Neil Young rimescola tutto in un unico calderone, come far ribollire la storia nel magma della propria memoria, e poi spiattellare il piatto pronto sulla tavola. Psychedelic Pill ha un impatto da battaglia, di quelle in cui i fendenti delle spade sono fendenti di chitarra, sulle cui corde “Rust never sleeps”. Francesco De Gregori
Sulla strada (Caravan)
Quasi in contemporanea con l’uscita del film “Sulla Strada”, ispirato all’ omonimo libro di Jack Kerouak, Francesco De Gregori pubblica un album dallo stesso titolo (“Non ha niente a che fare con il libro, tranne che nel titolo). Che è un po’ la descrizione dello stato d’animo di un artista che, dopo quarant’anni di carriera, non vede l’ora di andare in tour, perché il suo posto è tra la gente. “Quando sono fermo ho come un senso di colpa, mi sento un perdigiorno”, ha dichiarato alla Stampa. E’ già da tempo che De Gregori ha iniziato la sua fase del neverending tour, come ha fatto anche Bob Dylan. Dev’essere una conditio vitae dei sessantenni. Sistemata la famiglia, si va in giro a divertirsi. Solo otto piccole canzoni, in “Sulla strada”, a quattro anni di distanza da “Per brevità chiamato artista”. . Otto perle, come al solito. Eseguite con delicata e nobile raffinatezza. “Il Principe” non a caso. Se in “Viva l’Italia”, o in “Chi ruba nei supermercati” e “Dr. Doberman” pioveva su un paese affogato nella corruzione, questa volta piove (“alla Blade Runner”) sul mestiere del musicista. In “Omero al Cantagiro” (con Malika Ayane) un novello Omero sale sul palco sotto la pioggia e canta la guerra di Troia. Tremila anni dopo Francesco De Gregori canta il Novecento, il secolo al quale è legato, nel quale affogano i suoi ricordi, la sua storia, la sua cultura. Che riaffiora senza rivalse nostalgiche in “Sulla strada”, che sarà presentato dal vivo il 20 novembre a Roma ed il 28 a Milano. Il cantautore romano ha sempre tenuto l’atteggiamento dell’osservatore esterno, di quello che sta sul bordo del fiume a guardare l’acqua che passa (“Sitting on the dock of the bay”, Otis Redding). Come in “Ragazza del ’95”, in cui immagina una teen-ager che cerca di spiccare il volo verso il proprio futuro, in un momento storico in cui le ali sono appesantite dalla crisi economica. “Secondo me in questo disco c’è molta verità, racconto senza troppi diaframmi, sono canzoni semplicissime che la band e io abbiamo voluto lasciare così, con l’immediatezza di un live. Ma voluta, cercata” (da La stampa). Sulla strada non è un disco d’amore e neanche un disco manifesto. E’ un collage di strapuntini di vita descritti da chi ne ha viste tante, ed ha preso molti appunti. Fedele a se stesso, senza farsi condizionare dalle mode, il Principe tiene la barra a dritta, evitando, da buon aristocratico della canzone, di farsi risucchiare negli ingorghi mediatici della contemporaneità. Album delicato, poetico, con un alto peso specifico.