di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)
Il Consiglio ministeriale dell’Agenzia spaziale europea dovrà decidere quanti fondi assegnare nei prossimi tre anni alle attività di ricerca nello Spazio. Il direttore generale dell’Esa, Dordain, proporrà ai ministri di 20 Paesi europei di stanziare 12 miliardi di euro, di mantenere cioè una media di 3,7 miliardi l’anno, come l’attuale. “Le nostre priorità sono i cittadini, l’ambiente, le telecomunicazioni e i lanciatori, senza i quali non andiamo da nessuna parte. Marte non è un nostro obiettivo prioritario”, ha detto il portavoce di Dordain, Franco Bonacina, che ha rilasciato un’intervista a Televideo.
Perché, come preannunciato, questo Consiglio dell’Esa è così importante?
Il Consiglio si tiene in media ogni tre anni. Vi partecipano i ministri dei 20 Paesi membri dell’Agenzia spaziale europea che hanno il portafoglio per lo Spazio, che possono essere dell’Università, della Ricerca, per l’Italia c’è il ministro Profumo, per altri Stati ci sono ministri che hanno anche altri compiti. Perché è così importante. Perché marca un punto strategico nell’attività dell’Esa e l’Italia è uno dei tre maggiori contribuenti dell’Esa. I ministri ci devono dare il via libera per portare avanti nei prossimi tre anni programmi che sono già in corso o per pensare a nuovi progetti di attività spaziale. I pilastri fondamentali su cui si ancorano gli impegni dell’Esa sono la ricerca nel campo dei satelliti scientifici, l’osservazione della Terra, come quella fatta a bordo della Stazione spaziale internazionale, i cui astronauti sono gli occhi, le mani e la testa di una grande comunità di scienziati che commissiona loro tutta una serie di esperimenti.
Partecipano anche ministri o comunque responsabili di dicasteri della Difesa europei o il Consiglio Esa si muove solo in campo civile?
Sì, ci muoviamo solo in campo civile. L’Agenzia spaziale europea d’altronde non svolge attività di tipo militare. I nostri programmi sono essenzialmente civili. E’ una delle posizioni di base della nostra Convenzione. Anche se il confine tra civile e militare si sta sempre più assottigliando. Non facciamo “Guerre stellari” chiaramente con i satelliti di osservazione della Terra , che sono stati lanciati per vedere come funziona il nostro Pianeta e che vedono anche gli spostamenti delle persone. Quindi è sempre più possibile che anche i militari si interessino a utilizzare questi strumenti. Ad esempio, abbiamo un Programma di monitoraggio globale dell’Ambiente e della Sicurezza.
Le ho fatto questa domanda, perché, almeno per quanto riguarda l’Italia, i nostri astronauti provengono da settori militari, sono militari dell’Aeronautica. Ma torniamo al Consiglio. Il nostro Paese, diceva, è uno dei tre Paesi che contribuiscono di più, che danno maggiori fondi all’Esa. Gli altri due quali sono?
Germania e Francia, che tradizionalmente sono abbastanza forti.
Quindi dare maggiori contributi, voglio dire, significa anche avere un peso diverso nel prendere le decisioni, insomma.
In più chi contribuisce ha anche un ritorno industriale, perché se un Paese membro mette 100 euro in un programma particolare, gli ritornano almeno 90 euro in termini di contratti industriali. E questo è importante per tutti, soprattutto nel momento attuale che ci vede quasi tutti in crisi. Da considerare che già nel 2008, quando la crisi stava cominciando, i Paesi si sono impegnati a darci fondi abbastanza importanti. E in base alle analisi che abbiamo fatto primo di questo Consiglio ministeriale, contiamo di portare a casa un pacchetto di fondi necessari per i prossimi tre anni, perché investire nello Spazio è investire nel futuro. Lo Spazio ha una forte valenza economica e finanziaria.
Attualmente l’Italia quanto dà?
L’Italia contribuisce per il 12%, rispetto al budget annuale dell’Esa di circa 3,7 miliardi.
E al Consiglio si cerca di ottenere maggiori finanziamenti rispetto agli attuali?
Sarebbe meglio, ma restiamo con i piedi per terra. Non si può chiedere la Luna. La proposta del direttore generale dell’Esa ai ministri è di 12 miliardi di euro.
In tre anni?
I nostri programmi possono durare da 2 a 5 anni. Diciamo che sarebbero in media 3,7 miliardi ogni anno, importo che non si discosta dall’attuale budget. Quindi non avremo aumenti consistenti nel budget annuale, ma dovremmo avere comunque la possibilità di garantire, con una certa costanza, i fondi per andare avanti con i programmi avviati.
Sarebbe certo già un ottimo risultato mantenere gli attuali livelli di finanziamenti, in questo periodo di tagli.
Sì, è proprio questo il discorso.
Tra i Programmi da finanziare c’è anche quello che riguarda l’esplorazione umana dello Spazio e la sperimentazione del volo su Marte?
Non è uno degli argomenti chiave del Consiglio e soprattutto non è una priorità per l’Esa. Il nostro budget annuale è puntato molto più sui servizi ai cittadini, ad esempio per le telecomunicazioni e l’ambiente. Solo il 10% dei finanziamenti viene destinato alle attività dell’uomo nello Spazio, fermo restando che una parte comunque consistente dei finanziamenti va destinata alla Stazione spaziale internazionale, in cui lavorano gli astronauti, che dovrà durare almeno fino al 2020. Le nostre priorità sono i cittadini, l’ambiente, le telecomunicazioni. Un altro settore molto importante è quello dei lanciatori: se non abbiamo razzi per spedire i satelliti nello Spazio, non andiamo, come Europa, da nessuna parte. Sono mezzi di trasporto fondamentali. L’Italia è stata anche qui determinante, con il lancio all’inizio dell’anno di Vega, quasi tutto made in Italy, che affianca Arianne 5, il “cavallo di battaglia” dei francesi, e il Soyuz tradizionale russo, che viene lanciato dalla base europea della Guinea francese.
Quindi l’Europea possiamo dire che sta più con i piedi per terra, rispetto ad esempio agli Stati Uniti che oscillano tra gli obiettivi Luna e Marte.
Sì, si può dire senz’altro così.