di Nello Rega
(n.rega@rai.it)
Questa volta è stata addirittura “scomodata” una citazione biblica. “Colonna di nuvola” o meno letteralmente “Colonna di difesa” è la nuova miccia innescata nella polveriera mediorientale, l’operazione israeliana contro Hamas. Una nuova crisi che, forse, solo un intervento “divino” potrebbe far risolvere. La lista delle vittime si allunga di ora in ora, così come gli obiettivi militari di Hamas colpiti. E da parte palestinese continuano a fioccare i razzi, sempre più nel cuore di Israele.
Il nuovo conflitto nel “cuore a rischio” mediorientale arriva in un momento delicatissimo e con scenari fino a qualche anno fa impensabili. La regione non è più quella dei raìs sanguinari ma “prestati” alla causa della convivenza, la scena internazionale è sempre più assorta a risolvere una crisi economica che non lascia molto spazio all’ottimismo e la forza bellica degli integralisti di Hamas è cambiata. In tutto questo si inserisce una guerra civile nella vicina Siria. Il quadro è completo per dire che la polveriera, questa volta, potrebbe creare più effetti devastanti che soluzioni auspicabili.Ed è per questo che la diplomazia araba e quella occidentale sono al lavoro per evitare che il conflitto si estenda oltremodo. Israele e il governo Netanyahu hanno preso la palla al balzo dopo la pioggia di razzi lanciati da Gaza e hanno risposto con vigore schierando sul campo Iron Dome (la Cupola d’acciaio, ovvero il sistema di difesa in grado di intercettare i razzi in un raggio compreso tra 4,5 e 70 chilometri) e richiamando 75 mila riservisti. E, a più riprese, l’esecutivo ha ribadito che l’operazione militare potrebbe ampliarsi in terrestre. Da parte sua Hamas, pur dicendosi disponibile ad una tregua, è consapevole di avere un arsenale molto più pericoloso del passato. Sarebbero migliaia i missili pronti a colpire le città israeliane, grazie all’arrivo di armi dalla Libia (i temibili Stinger anti-aerei), Corea del Nord e Iran. L’incubo della contraerea israeliana si chiama Fajr, un razzo iraniano in grado di colpire fino a Tel Aviv, avendo una gittata di quasi 80 chilometri. A questi “fantasmi di morte” si aggiungerebbero gli Scud-C, con un raggio di azione fino a 500 chilometri. Da Pyongang sarebbero arrivati nelle mani degli sciiti libanesi di Hezbollah. E poi ci sono i razzi “fatti in casa”, disponibili sempre e facilmente lanciabili con rampe in rapido movimento.
Questo lo scenario sul campo. Sul fronte diplomatico, se da una parte vi è stata da subito la disponibilità a mediare da parte del nuovo Egitto dei Fratelli musulmani, dall’altro Il Cairo ha alzato la voce sapendo di poter essere ascoltato dalla comunità internazionale. A guidare l’Egitto non vi è più Mubarak, che per quasi trent’anni aveva garantito il rispetto degli storici accordi di Camp David, il primo trattato di pace tra Israele e un Paese arabo, siglato nel 1979 da Sadat. A guardia della “porta islamica” di ingresso a Gaza ora vi sono i Fratelli musulmani del presidente Morsi, per nulla disponibili a concedere “sconti” a Netanyahu. Diversi sono anche i rapporti tra Ankara e Israele. La Turchia, dopo la violenta repressione della flottilla per Gaza da parte dei militari dello Stato ebraico, non è per niente morbida con Gerusalemme. Così come la Siria. Il raìs Assad, che fino allo scorso anno pur facendo la voce grossa, con la copertura dell’Iran e di Hezbollah, non avrebbe mai provato a fare “scacco matto” a Israele.Oggi, dopo oltre un anno di guerra civile, è indebolito e rischia giorno dopo giorno la sconfitta. In questo quadro geopolitico si potrebbe inserire anche la Giordania. Nei giorni scorsi, per la prima volta, nelle strade di Amman migliaia di persone hanno intonato slogan contro il regime. Uno spettacolo già visto in altri Stati dove la “primavera araba” ha spazzato via i detentori del potere. Tenendo presente questi elementi del tutto nuovi e inattesi, l’amministrazione Obama, pur ribadendo a chiare lettere il diritto di Israele all’autodifesa e la necessità di mettere fine al lancio di razzi da parte di Hamas, punta alla tregua. L’inquilino della Casa Bianca sa fin troppo bene che questa volta l’escalation del conflitto sarebbe devastante per tutta la regione e innescherebbe la risposta non solo dell’Iran ma anche delle potenze sunnite (Arabia Saudita, Qatar, Egitto). Da parte sua il movimento sciita libanese Hezbollah ha già fatto sapere che un’eventuale offensiva terrestre di Israele a Gaza “sarebbe un grave errore”. L’avvertimento del leader Nasrallah è chiaro: la risposta allo Stato ebraico sarebbe dura. Nel 2006, durante la guerra dei 34 giorni, Israele pur colpendo duramente il sud del Libano, non riuscì a sradicare l’organizzazione del Partito di Dio e la sua forza bellica. Oggi, nonostante l’ampliamento della missione Onu Unifil, i miliziani sciiti potrebbero trascinare il Libano in un conflitto molto più duro. E per giunta giustificato da quanto succede in Siria. Netanyahu, che ben conosce questi elementi sul campo, non può dimenticare che il 22 gennaio gli elettori dovranno scegliere il nuovo governo. Elezioni anticipate, chieste da lui stesso, che potrebbero dare ancora più forza alla coalizione di centrodestra e agli alleati ultraortodossi.
Il centrista Barak, che già fa parte dell’esecutivo, ha ribadito che questa volta l’operazione militare contro Hamas non può e non deve fermarsi. Le “provocazioni” degli integralisti di Gaza hanno intanto indebolito i nemici di Fatah e del presidente Abu Mazen. In Cisgiordania, dove i palestinesi sono scesi in piazza a sostegno dei miliziani di Hamas, l’Anp guarda al Palazzo di Vetro dove potrebbe esserci una flebile speranza di pacifica convivenza. Abu Mazen il prossimo 29 novembre, anche contro il parere di Obama, dovrebbe presentare la richiesta dell’Anp di Stato non membro delle Nazioni Unite. Un primo passo verso l’accreditamento internazionale.
In attesa di questo, con la frenetica attività della diplomazia per scongiurare l’ampliamento del conflitto, cosa succederà? Prevarrà il buon senso e la “Colonna di nuvola” sarà stata solo passeggera o si trasformerà nella “Colonna dei falchi”?