Roma Filmfest


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Magia russa, guerra cinese

In concorso Fedorchenko e Feng Xiaogang

di Sandro Calice

Il concorso di domenica 11 novembre vede affrontarsi “1942 (Back to 1942)” di Feng Xiaogang e “Nebesnye ženy lugovykh Mari (Spose celesti dei Mari della pianura)” di Alexey Fedorchenko, con il premio Oscar Adrien Brody sul red carpet, insieme al cast del film di Xiaogang. Fuori concorso, invece, “Populaire” di Regis Roinsard. Riflettori puntati anche sulla selezione di Prospettive Italia che presenta il documentario di Marco Spagnoli “Giuliano Montaldo – Quattro volte vent’anni”, col egista di “Sacco e Vanzetti” protagonista del primo red carpet della giornata, e “L’isola dell’angelo caduto”, opera prima di Carlo Lucarelli.

Lunedì 12 il Roma FilmFest parla decisamente italiano, visto che gli eventi della giornata sono il secondo film italiano in concorso, "Il volto di un'altra" di Pappi Corsicato, e il thriller fuori concorso "Le guetteur" di Michele Placido.

NEBESNYE ŽENY LUGOVYKH MARI / SPOSE CELESTI DEI MARI DELLA PIANURA

di Alexey Fedorchenko, Russia 2012
Fotografia di Shandor Berkeshy
con Julia Aug, Yana Esipovich, Vasiliy Domrachev, Daria Ekamasova, Olga Dobrina, Yana Troyanova, Olga Degtyarova, Alexandr Ivashkevich, Yana Sexte
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Due anni fa incantò Venezia con la favola mistica di “Silent Souls”, ora Fedorchenko torna a indagare antropologicamente le popolazioni della Russia centrale, raccontandoci la magia di quelle donne.

Sullo sterminato territorio della Russia ci sono 180 etnie, ognuna con la sua storia e le sue particolarità. I Mari delle pianure, rifugiatisi sugli Urali cinquecento anni fa per sfuggire alla cristianizzazione, sono una delle più grandi comunità ugro-finniche, una delle ultime popolazioni pagane con una tradizione precristiana. Le donne dei Mari, le spose, le mogli, le figlie, le nonne, custodi della vita e del cambiamento come in qualsiasi cultura, hanno un’aura magica, un linguaggio segreto che consente loro di parlare con la natura, con le sue divinità, col vento, con gli alberi, la grande betulla soprattutto. E qui vediamo 23 di queste donne (tutte col nome che comincia per “O”) in 23 storie di vita piccola ma esemplare, di sesso, cibo, sogni, orrori, tradimenti, musica, streghe e stregoni, eventi minimi e paradossali che però potrebbero comprendere l’intero spettro delle emozioni e delle possibilità di ogni vita.

Fedorchenko, come già in “Silent Souls” ci porta antropologicamente alla scoperta di popoli e tradizioni premagiche prima che precristiane, cose da “Sud e magia” di De Martino, comunità i cui riti sono officiati da sacerdoti, i Karti, che trascorrono il loro tempo in preghiera nei boschi. Niente di cui meravigliarsi troppo, in fondo, visto che per chi è ateo anche una messa cattolica in chiesa è poco più di un rito magico. Ma il regista che la racconta come una favola colorata, paurosa e crudele come spesso sono le favole, ma gioiosa e vitale come solo le donne sanno essere. Guardatele bene, ognuna di loro avrà da dirvi qualcosa di importante.



1942 / BACK TO 1942

di Feng Xiaogang, Cina 2012, drammatico
con Xu Fan,Zhang Guoli, Adrien Brody, Chen Daoming, Zhang Mo, Tim Robbin, Zhang Hanyu, Wang Ziwen
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Probabilmente molti cinesi - e non solo loro - non conoscono le terribili verità raccontate in questo film, che ci ha messo più di dieci anni per superare lo scoglio della censura e per raccogliere i fondi necessari (è costato 35 milioni di dollari) e che ora uscirà in 8.000 sale della Cina.

Nel 1942 la più spaventosa carestia dell’era moderna si abbatte sulla Cina, in particolare sulla provincia di Henan, proprio mentre l’esercito giapponese lancia la sua offensiva e i soldati cinesi requisiscono tutto il grano possibile affamando a morte la popolazione. L’unica speranza è spostarsi verso la provincia dello Shaanxi, un esodo a piedi di centinaia di chilometri tra freddo, malattie, bombardamenti e senza cibo. C’è il proprietario terriero Fan, con la moglie, la figlia, la nuora incinta, il servitore. C’è la famiglia di contadini fittavoli di Fan. C’è lo chef diventato giudice e il prete che sta perdendo la fede. E c’è il giornalista americano Theodore White, che cerca disperatamente di far capire alle autorità cinesi, che colpevolmente minimizzano, quale biblico massacro si stia consumando. Alla fine saranno tre milioni i morti, forse qualcuno dei nostri protagonisti ce l’avrà fatta.

Feng Xiaogang è un regista molto amato in patria, autore di melodrammi e film d’azione e primo cineasta cinese ad aver superato il miliardo di yuan (oltre 146 milioni di dollari al box office nazionale) grazie alla commedia “Feichang wurao” (“If You Are the One”). Con “1942” mette in scena un kolossal con piglio epico, con un racconto poco eroico e molto umano, senza indulgere ad “americanate”, non risparmiandosi (e non risparmiandoci) nemmeno il dettaglio più crudo e doloroso. Belle le scene corali e soprattutto le battaglie aeree e bravi tutti gli attori. Il limite sta nel fatto che in alcuni momenti il regista supera quel labile confine che separa l’epico dal “ripetitivo” o dal “troppo lungo”.