La ballata dell'odio e dell'amore

di Sandro Calice

BALLATA DELL’ODIO E DELL’AMORE

di Alex de la Iglesia. Spagna, Francia 2010. Commedia, drammatico (Lucky Red)
Fotografia di Kiko de la Rica
con Antonio de la Torre, Carlos Areces, Carolina Bang, Sancho Gracia, Santiago Segura, Enrique Villén, Manuel Tafalle, Manuel Tejada, Gracia Olayo, Juan Luis Galiardo, Roberto Alamo.

Si comincia con un irrefrenabile applauso dopo i titoli di testa, spaesati, a dire: “Ma dove siamo finiti?”. Ma poi…

Madrid 1937, è Guerra Civile. I ribelli fanno irruzione in un circo e costringono tutti i presenti a prendere un’arma e combattere. Il clown che fa il ruolo del Pagliaccio Triste prende un machete e fa strage di soldati. Sotto gli occhi di suo figlio Javier, che riesce a fuggire e quando lo ritrova in carcere si sente dire che la vendetta è l’unica cosa che può dare senso alla vita. Tempo dopo, negli anni ’70 verso la fine del regime di Franco, Javier cerca di seguire le orme del padre, vuole fare il clown ma non fa ridere, è perfetto insomma per fare il Pagliaccio Triste. Trova lavoro nel circo di Sergio, clown bravissimo per lavoro, bestia disumana in privato. Purtroppo nel circo c’è anche la bellissima e spudorata Natalia, acrobata e donna di Sergio. Javier se ne innamora perdutamente e da quel momento in poi comincia la sua personale guerra contro Sergio. Due pagliacci nel loro ferocissimo duello all’ultimo sangue.

Quentin Tarantino, presidente di giuria a Venezia 2010 dove “Ballata dell’odio e dell’amore” era in concorso e si è aggiudicato il Leone d’argento, si è divertito come un pazzo con il film di de la Iglesia, regista che considera Alex Raymond, Stan Lee e Vàsquez i suoi padri spirituali e autore di film come “Azione mutante”, “Il giorno della bestia” e “La comunità”. Questo per dare la cifra. L’essenza del film, spiega de la Iglesia “è l’ansia e la voglia di vendetta che porta alla distruzione. L’unico modo per esorcizzarla è l’ironia, l’horror, il noir”. Generi che in effetti ci sono tutti nella “Ballata” (titolo originale “Balada triste de trompeta”, celebre canzone degli anni ’60), svolti in modo grottesco, gotico e barocco insieme, eccessivo, splatter, psichedelico, con citazioni che potrebbero andare da Tarantino stesso a Terry Gilliam e Tim Burton, con le opportune cautele. Un film politico, anche, perché – dice sempre il regista - “è una vendetta contro tutte le stupidaggini che sono state fatte. C’è un inferno che non meritavamo ma che siamo stati obbligati a vivere: quando andavo a scuola ho visto pallottole nei negozi di caramelle. In quel momento era naturale. Il film è un modo per esorcizzare tutto questo, che non doveva e non deve più accadere”. Come tutti gli eccessi, però, dopo la sorpresa iniziale “Balada” rischia di stancare. Il punto è che, nel bene o nel male, alla fine più di qualcosa resta. E non è poco.

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