La società multietnica


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Il passato che resta

'Idee migranti' al museo Pigorini di Roma c

“(S) oggetti migranti. Dietro le cose le persone” è il bel titolo di un’altrettanto bella mostra allestita al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini di Roma.

Sarà possibile visitarla fino al 2 aprile 2013, tenendo conto che c’è una caratteristica importante a vivacizzarla e renderla dinamica. Viene costantemente arricchita dal contributo di giovani artisti, sociologi, ricercatori, associazioni, centri di ricerca, che espongono i loro lavori a rotazione, rinnovandone costantemente i contenuti. Fino al prossimo 8 novembre in primo piano ci sono le “Idee migranti”: un ampliamento della mostra che ha lo scopo di aprire gli spazi del museo al dialogo tra diversi attori che operano sul territorio, raccontando la loro esperienza con linguaggi nuovi e immediati. Questo arricchimento serve a rafforzare la vocazione del museo ad essere contenitore e catalizzatore di multi vocalità, prospettive critiche, contaminazioni di linguaggi.

Raccontare per comprendere, per accettare, per accogliere. Sono stati resi noti i dati del ventiduesimo dossier sull’immigrazione del 2012 realizzato da Caritas e Migrantes: gli stranieri in Italia nel 2011 hanno superato i cinque milioni. I lavoratori stranieri occupati sono circa 2,5 milioni e rappresentano un decimo dell’occupazione totale. Dal dopoguerra le domande di accoglienza al nostro Paese sono state più di mezzo milione. Nell’ultimo anno le domande dei profughi e richiedenti asilo sono state presentate in prevalenza da persone provenienti dall’Europa dell’Est e dal martoriato continente africano. Quasi un terzo delle richieste prese in esame è stato definito positivamente.

Tante persone in difficoltà o addirittura in pericolo. Anche una mostra può aiutare a capire i loro problemi e le loro aspettative.

Quello che colpisce subito il visitatore sono le valigie esposte in una sezione. Il simbolo di chi viaggia in cerca di futuro. L’autrice, Eleonora del Brocco, le definisce “gabbie”, perché racchiudono ricordi, foto, video. Memorie di oggetti e soggetti, sogni e speranze. Tutto quello che ognuno di noi è, ovunque vada e si trasferisca. Il passato che resta sempre con noi, in una parola le radici che ci danno la linfa vitale e la forza per vivere. Nella valigia di chi emigra oggetti, porta fortuna, ricordi delle certezze spesso amare e disperate della condizione che si lascia per andare verso l’ignoto.

Poi la curiosità, l’osservazione attenta e l’incanto dello sguardo che fissa nelle foto le immagini di anime che ci parlano dal mondo. In “Diversità”, di Simona Piccolini, si alternano volti di bambini messicani, di monaci tibetani, di contadini peruviani. Le fotografie che compongono il progetto, scattate in varie parti del mondo, vogliono essere il tentativo di raccontare le relazioni umane nel contesto di incontri, scambi quotidiani, attività di lavoro e di artigianato. L’autrice coglie atteggiamenti individuali o di gruppo durante cerimonie religiose, che siano quelle induiste in India, o quelle nei monasteri buddisti, o quelle intense dei fedeli in preghiera a Medjugorje. La foto fissa immagini di particolari, di indumenti, di forme di comunicazione non verbale come le espressioni dei volti rubate nei diversi modi di danzare in cui le varie culture si esprimono. Le fotografie non sono volutamente accompagnate da didascalie, perché la composizione fotografica è stata pensata come una rappresentazione silenziosa di ciò che accomuna le genti del mondo alla luce della diversità culturale.

E ancora “Buonanotte ai sognatori” di Fabrizia Mutti: un progetto di video ritratti che affronta in modo originale il tema del disagio e della frustrazione che deriva dalla mancanza di un lavoro e di una identità riconosciuta; “Tent_Action: un’azione documentata da un video di una casa mobile che l’autrice, Elena Bellantoni, ha trascinato con sé sulle strade di Santiago del Cile, passando dalle zone più povere a quelle più ricche, per arrivare fino al Palacio de la Moneda, teatro del sanguinoso golpe del 1973; SGuarInIndia, i lavori foto pittorici di Francesca Cocco con Patrizia Santangeli.

Bello e intenso il documentario di Patrizia Santangeli “Visit India”, che descrive una “piccola India” che vive intorno a Sabaudia, nella pianura pontina, a un centinaio di chilometri a sud di Roma. Migliaia di indiani sikh uniti dalla loro cultura e dalla loro religione che, dopo essere stati accolti, accolgono a loro volta con semplicità ogni straniero. Il filmato ha ritmi lenti e pacati che trasmettono serenità allo spettatore, nonostante raccontino storie di abbandoni, di viaggi verso l’ignoto, di precarietà e di paure. Ma è il lieto fine a rasserenare il racconto, perché con semplicità e coraggio queste donne e uomini venuti da lontano hanno portato in dono le loro tradizioni e i forti legami della loro comunità. Hanno ricreato luoghi adatti al loro modo di vivere e di professare la loro religione. Hanno portato con sé i sogni e le speranze rappresentate dai bambini, molti dei quali nati in Italia, e soprattutto hanno portato rispetto e amicizia, integrandosi armoniosamente con la nuova realtà. (R.P)