Salone del Gusto e Terra Madre a Torino


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Determinazione e sorriso contro la crisi

Intervista a Daniele Buttignol, segretario generale di SlowFoodItalia salone_gusto_sorriso_296

di Paola Scaramozzino
(p.scaramozzino@rai.it

Slow Food e Terra Madre insieme al Lingotto di Torino sono a metà del loro viaggio che si concluderà domenica 28 ottobre. Un immenso successo di pubblico che forse ha oltrepassato ogni aspettativa. E l’atmosfera che si respira, ci riferisce il segretario generale di Slow Food Italia, Daniele Buttignol intervistato nel pieno della manifestazione, è di grande emozione.

“Il discorso di Carlo Petrini ha dato il segno. – ci dice Buttignol - Essere gioiosi e la disponibilità di condividere con gli altri le problematiche sulla gastronomia che non è legata solo al cibo, è l’unico modo di rispondere a questa crisi. La nostra è politica vera. Per questo parliamo anche di Slow Life che significa occuparsi delle persone che producono, dei contadini, delle comunità, del rispetto dell’ambiente, del territorio, insomma di quella politica le cui scelte intervengono nella società”.

-Trecento presidi Slow Food qui al Salone tutti caratterizzati da stand dal colore arancio. Ci racconta alcuni cibi , fra i tanti, che si sono salvati proprio attraverso i presidi e la rete di Terra Madre?

“Sì e mi piace iniziare parlando di uno italiano- ci spiega – Si tratta dell’ Alazza salata di Lampedusa che è un pesce azzurro simile alla sardina. Si stava perdendo la tradizionale lavorazione e per questo abbiamo incoraggiato la pesca sostenibile, quella fatta con le piccole imbarcazioni e non a strascico e che quindi non danneggia i fondali. Contribuendo alla creazione di cooperative di pescatori non andrà perduta questa lavorazione. Poi andando fuori dal nostro Paese, in Afghanistan, l’uvetta Abjosh di Herat. L’Afghanistan è stato fino a poco tempo fa il maggiore produttore di uvetta essiccata poi i cambiamenti anche nel Paese hanno fatto in modo che non fosse più così. Abjosh è il tipo di lavorazione che subisce l’uvetta per diventare passita. Viene messa in acqua bollente e questo fa fessurare gli acini permettendo una volta messa all’aria una migliore evaporazione della parte liquida. L’uvetta è diventata un presidio Slow Food da tutelare e le donne si sono messe a riprendere questa produzione. E poi voglio parlare dello Yacom Argentino, una radice che viene dalla Ande e che è dolce e gelatinosa , si mangia e serve per i succhi di frutta e le confetture . Un prodotto povero che si coltiva alternatamente con il mais e le patate per non far impoverire il terreno e tenendo quindi conto della biodiversità. Della vendita della radice vive una piccola comunità, fa parte della loro economia per la sopravvivenza. Salvaguardare questo prodotto significa anche intervenire sulla vita del villaggio”.

-Quest’anno tanto pubblico, tanti assaggi, e soprattutto anche di cibi internazionali. Ma anche tanti rifiuti….

“Sì è vero ma pensi che al Salone non c’è niente in plastica. Questo è un percorso già iniziato nel 2006 e quest’anno siamo riusciti a raggiungere un impatto ambientale, riducendo la produzione di rifiuti e lo spreco di risorse, che va oltre il 65% . Un grazie va alle decine di partner che collaborano nello smaltimento e il riciclo dei rifiuti”.

Un esempio: il vetro raccolto sarà utilizzato da uno stabilimento in provincia di Vicenza per produrre vasetti per cibi dei presidi Slow Food. Le posate e le stoviglie biodegradabili che sostituiranno la plastica in ogni stand, andranno in uno stabilimento di Verbania per essere trasformati in compost. E poi l’attenzione agli imballaggi ecologici, all’illuminazione, 3mila lampade a bassissimo consumo, sette colonnine per la distribuzione di acqua con un contatore che numera quante bottigliette di plastica si sono evitate.

Un evento questo di Torino che è una gioia anche per gli occhi. Vogliamo parlare di questo “orto africano” di 400 mq all’Oval?

“Un vero orto africano, quindi con banani, spezie, pomodori, fatto nascere in Piemonte ma con semi africani. Ciò è potuto avvenire grazie alla collaborazione dell’Università di Palermo e di Torino. Questo per far vedere come sono i “1000 orti in Africa” , il nostro progetto che ha fatto nascere gli orti nelle scuole, negli ospedali”.

E centinaia sono anche in Italia i piccoli produttori di orti nati nelle scuole del Piemonte dove i bambini hanno imparato a seminare, coltivare e raccogliere diventando a loro volta i maestri dei loro genitori. L’educazione alimentare e la conoscenza sono fra i cardini di Slow Food.

“Il parlarsi e confrontarsi fra contadini di tutto il mondo – conclude Buttignol - è fondamentale. Basta pensare a quanti preziosi consigli potrebbe dare un contadino africano che combatte con la siccità a un contadino italiano che è destinato già da adesso a scontrarsi con questo nuovo problema a causa dei cambiamenti del clima. “.

-Cosa spera di portarsi a casa da questa edizione 2012?

“Mi piacerebbe che i visitatori avessero una maggiore consapevolezza dei prodotti e della loro provenienza. Vorrei che uscissero di qui con la voglia di andare sui campi e conoscere chi produce il loro cibo instaurando con il contadino un rapporto di fiducia. Vorrei che ci fosse rispetto, gioia e convivialità fra le persone. E spero che qui, nel Salone del Gusto e in Terra Madre, il pubblico abbia avuto la possibilità di conoscere risposte differenti per affrontare e uscire dalla crisi. Si può, non è facile, ma si può”.