La ricerca va avanti ma il calvario continua


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Malattie genetiche 'rare', ne soffrono in milioni

Cellule staminali e sequenziamento del genoma umano: tra speranze e delusioni si attende la cura risolutiva b

di Fabrizio de Jorio

Sono rare ma colpiscono tra i 2 e i 3 milioni di persone in Italia. Parliamo delle malattie genetiche rare, alcune delle quali affliggono un numero così esiguo di persone che nessuno, né le industrie farmaceutiche, né i governi, prevedono una qualche forma di cura o di assistenza. In particolare si lamenta anche l’assenza di farmaci tanto che si parla di “farmaci orfani”, cioè quella categoria di molecole che le industrie farmaceutiche non studiano perché non c’è un riscontro commerciale e quindi non investono nella ricerca.

Pur essendo rare, non sono poche, perché, come conferma Bruno Dallapiccola, genetista medico di fama mondiale, direttore scientifico dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, le malattie rare “sono attualmente circa 5000, con una progressione tale che entro cinque o sei anni potremmo arrivare a classificarne fino a 8000 e interessano complessivamente tra il 6 e l’8% della popolazione”. Tecnicamente per essere definita rara, una malattia deve colpire meno di una persona su 2000 con una mutazione di circa 100 geni diversi alzando questa soglia a un malato ogni 10mila persone. Nel 50% dei casi si tratta di malattie difficilmente diagnosticabili, perché sono poco studiate e mancano anche le linee guida di queste patologie. In pratica si fa fatica anche a trovare informazioni a riguardo. Un vero calvario per i genitori e per le famiglie di persone affette da questo tipo di patologia.

Le associazioni dei malati e dei loro familiari da anni chiedono più assistenza e investimenti nella ricerca. Il 18 settembre dalle 9.30 alle 13.00 all'Auditorium del Ministero della Salute a Roma si svolgeranno gli Stati Generali delle Malattie Rare dal titolo "Malattie rare e Sviluppo Economico" organizzati dall'Associazione "Giuseppe Dossetti: i Valori". Tutte le associazioni si propongono di stimolare un dibattito per contribuire all'individuazione di misure atte a garantire una migliore condizione di giustizia e di riconoscimento del diritto alla tutela della Salute di quanti ogni giorno convivono con la malattia. L'iniziativa ha lo scopo di individuare obiettivi ed azioni a sostegno dei comparti della Sanità, della produzione industriale e dell'impresa farmaceutica.

Le difficoltà e il calvario dei genitori lo descrive Maurizio Zoppi, padre di Eleonora, una bimba di 7 anni, affetta da Sindrome di Williams: “La vita di un genitore, di una famiglia con un figlio malato cambia radicalmente. Anche dal punto di vista lavorativo, oltre alle difficoltà per seguire le cure di nostra figlia Eleonora, siamo penalizzati, perché nessun datore di lavoro investe su una persona che ha una tale problematica”. Inoltre bisogna “considerare anche le ore che noi investiamo quotidianamente per accudire nostra figlia, nel portarla e riprenderla dalle terapie, nell’organizzare ogni piccola cosa della nostra vita in funzione della malattia di Eleonora”. Non solo, ma “le strutture sanitarie- aggiunge il papà Maurizio - non sempre ci vengono incontro”. Insomma essere genitori di un bimbo affetto da malattia rara, oltre ad essere un lavoro usurante, è anche un handicap.

Le difficoltà delle famiglie, soprattutto delle mamme, lo testimonia anche la mamma di Eleonora, Giulia Ranisi, rappresentante dell’Associazione Italiana Sindrome di Williams-Lazio confederata all'Uniamo. “Eleonora ha un grave ritardo nella comunicazione, nel comportamento, con attacchi auto lesivi. La mancanza di geni che ha lei è molto ampia tanto che al Bambin Gesù ci sono solo 10 casi come il suo e quindi non è neanche possibile fare una correlazione statistica per suggerire una risposta migliore alla malattia”. Farmaci per la cura della sindrome di Williams ancora non ce ne sono e allora ecco che le strutture sanitarie sono indispensabili per alleviare il disagio e dare risposte adeguate per migliorare la qualità della vita dei piccoli malati. “Noi accompagniamo nostra figlia circa sei volte a settimana da vari terapisti:logopedia, terapia comportamentale-cognitiva, psicomotricità. Ma non sempre il risultato è quello auspicato”. Ma l’assistenza domiciliare? “L’assistenza domiciliare che potrebbe risolvere alcuni problemi, non solo di natura logistica, spesso è carente e non c’è per tutti. Noi siamo in lista di attesa- conferma Giulia - e per ora ci è stata concessa per sei ore al mese con una assistente non qualificata”. Chi ha la sventura di avere un figlio con malattia genetica rara, sa che anche i genitori si sottopongono a terapia psicologica: il cosiddetto parent training, una sorta di formazione continua che consente di assistere ed accudire al meglio i propri figli ma anche a superare le immense difficoltà a livello psicologico che minano equilibrio e stabilità non solo individuali ma spesso anche di coppia. Far coincidere gli orari di lavoro, la scuola dei bambini, le varie attività come le terapie e il menàge familiare è una sfida quotidiana che richiede una grande determinazione e forza d’animo. Un sacrificio continuo che mette a dura prova la famiglia. Le speranze delle famiglie sono anche riposte nella cura delle cellule staminali e per le quali nelle scorse settimane si è riacceso il dibattito anche dopo il caso della bimba Celeste.

Decreto Balduzzi: le associazioni chiedono che tutte le malattie rare, senza discriminazioni, siano inserite nell’elenco delle esenzioni
Le associazioni dei malati, ma in particolare Uniamo, Federazione italiana malattie rare, attendevano da tempo l’approvazione del decreto del ministro della Salute Renato Balduzzi, che prevede, tra le altre cose, la riforma dell'assistenza primaria, l'aggiornamento dei LEA e l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare riconosciute ai sensi del D.M. 279/2001. “Sono tutti passi importanti che meritano la massima attenzione, ma quale elenco verrà approvato? Perché questo- sostiene la Onlus Uniamo- è un nodo delicato che riguarda il modo con cui le malattie rare sono state affrontate per certi aspetti dai nostri governi: un oggetto fiscale. Ma dietro l'esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni c'è la malattia e ci sono i malati. E se è vero che i malati rari hanno diritto a delle speciali tutele date le loro particolari condizione di "malati orfani", e per questo il DM 279/2001 istituisce la Rete a garanzia di queste tutele, allora bisogna andare fino in fondo e sciogliere questa contraddizione: da un lato creare una rete di assistenza per i malati rari, dare una dignità, una cittadinanza ai malati rari equa tra "malati". Dall'altro usare l'esenzione, e la conseguente necessità di accertamento del diritto tramite un elenco, quale misura che crea quell'odioso discrimine all'interno dello stesso macrogruppo delle malattie rare”. In effetti, dall’elenco delle malattie rare ne sono state escluse oltre 100 i cui malati dovranno sostenere le spese per farmaci, terapie e accertamento diagnostici senza alcun intervento del servizio pubblico. Quindi saranno i malati senza tutela.

Uniamo infatti spiega che “se l'aggiornamento dell'elenco prevederà anche la definizione di un meccanismo di automatico ed equo inserimento della malattia rara tra le riconosciute ed esenti, allora sarà veramente un grande passo avanti. Se l'elenco di cui si parla è la nota lista di 109 patologie rare a suo tempo inserite nella bozza di riforma dei LEA mai approvata, allora davvero si sarà persa una grande occasione per fare del bene ai malati rari”.

Il 21 e il 22 settembre Uniamo dedica un fine settimana di approfondimento ad alcune nuove tematiche proposte dall’Unione Europea. Il programma dei lavori prevede il giorno 21 pomeriggio un incontro su Farmacovigilanza, Cure Transfrontaliere e Screening, mentre la mattina del giorno 22 ha in programma i lavori del progetto Diaspro Rosso (http://www.uniamo.org/it/news/news-uniamo/382-diaspro-rosso-il-progetto-entra-nella-fase-finale.html) e un approfondimento sul tema dei Registri e delle Help Line dedicate. Il pomeriggio del 22 si svolgerà l’Assemblea di UNIAMO FIMR Onlus.

Cellule staminali: come funzionano. Per i pazienti sono una speranza in più, per l’Autorità italiana del farmaco e per alcuni ricercatori è ancora presto per dire se la cura è efficace
La terapia con le cellule staminali, ultimamente ha visto genitori, giudici e medici su fronti opposti. I primi che vogliono a tutti i costi sperimentare sui loro figli le nuove terapie nella speranza di alleviare i dolori e trovare una risposta alle patologie che affliggono i figli. Giudici e medici spesso su sponde opposte gli uni che per sentenza obbligano i medici a somministrare una cura, o inibire una terapia, i medici che invece sui appellano ai protocolli internazionali e chiedono alla magistratura di non ingerire nella professione medica, come nel recente caso della bimba Celeste che sta effettuando una terapia con le cellule staminali. Le speranze di cura per le malattie genetiche rare risiede anche nel completamento del Progetto Genoma Umano. Un progetto iniziato circa 10 anni fa e che ha rivelato che il nostro genoma è costituito da 30.000-35.000 geni che permettono la costruzione di almeno 100.000 proteine diverse per il funzionamento delle cellule, dei tessuti e degli organi di una persona. Tuttavia, il professore Dallapiccola ha invitato alla cautela (vedere intervista) perché “tutti siamo geneticamente imperfetti e da questo deriva un fatto importante: chi è che spiega e interpreta questo essere geneticamente imperfetti? Si introduce il concetto di “pazienti immaginari”: soggetti che, nel momento in cui le analisi genomiche diventassero possibili per tutti, sapendo di avere dei geni di suscettibilità a determinate malattie, entrano in una categoria di persone sane, ma a rischio di ammalarsi. Ma essere a rischio non vuol dire ammalarsi”. Il trapianto di cellule staminali embrionali consiste nell'introdurre nel corpo del paziente cellule progenitori che formano pool cellulari che rispondono delle funzioni e sistemi determinati dell'organismo: sistemi nervoso, immunitario e muscolare, emopoiesi, circolazione del sangue ecc. Il trapianto di cellule staminali embrionali sottintende un intervento nell'organismo del paziente spesso con fleboclisi o per via sottocutanea. Certo non è la bacchetta magica, ma indubbiamente un modo per rallentare la progressione della malattia, o comunque migliorare la qualità della vita del paziente e della sua famiglia.

Queste cellule una volta introdotte nell’organismo del paziente si dirigono verso la lesione e lì si radicano, danno progenie, trascorrono la fase di specializzazione regolata dal nuovo organismo ospite sostituendosi alle cellule non funzionanti o lese favorendo in tal modo il ripristino della massa cellulare e il ripristino delle funzioni alterate dell'organismo. I fautori di questa terapia sostengono che tra gli effetti terapeutici delle cellule staminali embrionali ci sia la produzione di sostanze biologicamente attive necessarie all'organismo come fattori emopoietici di crescita, interleuchine, fattori di crescita dei nervi, fattori di necrosi dei tumori, fattori angiogenici e neurotropici ecc... Gli effetti osservati nei pazienti dopo il trapianto di cellule staminali embrionali si manifestano a tutti i livelli di organizzazione e di funzionamento dell'organismo e, secondo alcuni ricercatori, sono a carattere sistemico.

Il caso della bimba Celeste
Il 31 agosto il giudice del Tribunale di Venezia ha dato il via libera alle cure per Celeste, la bambina malata di atrofia muscolare spinale e in cura presso gli Spedali Civili di Brescia. Erano state interrotte le terapie a base di cellule staminali a causa dello stop generale imposto dall’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, alle attività con cellule staminali condotte dagli Spedali Civili di Brescia in collaborazione con la Stamina Foundation, su cui erano state rilevate presunte irregolarità. Con questo provvedimento, in pratica il giudice ha dato il consenso a disapplicare l’ordinanza Aifa per proseguire la terapia che la piccola stava seguendo prima che le indagini dei Nas e della Procura di Torino investissero la Stamina Foundation e, di conseguenza, le attività con cellule staminali svolte presso la struttura ospedaliera.

La motivazione del giudice, secondo quanto riportato dall’Ansa, risiederebbe nel fatto che la cura somministrata a Celeste è “da considerarsi quale cura compassionevole, prevista dal decreto ministeriale Turco del 2006 ripreso poi da Fazio nel 2008” e “non esiste allo stato attuale alcuna cura sperimentata idonea a far arrestare e regredire tale malattia, o quantomeno a farne rallentare il decorso”. Ma i medici, soprattutto i genetisti non sono d’accordo perché ritengono, in particolare i professori Silvio Garattini e Dallapiccola, che i protocolli internazionali devono essere rispettati anche dai giudici.

Cosa sono le malattie genetiche
Le malattie genetiche sono l'espressione patologica di un'anomala alterazione o mutazione del patrimonio genetico a carico anche di un solo gene. Sono da distinguere dalle malattie cromosomiche dove il numero dei geni coinvolti è multiplo. Le anomalie genetiche possono causare un'alterazione strutturale, funzionale e quantitativa di specifiche proteine corporee la cui estrinsecazione è diversa secondo la funzione che la proteina svolge nell'organismo. Le malattie metaboliche ereditarie sono malattie genetiche nelle quali l'espressione clinica dipende da un aumento o da una diminuzione anormale di una o più sostanze, frequentemente tossiche, nei liquidi corporei che sono valutabili con appropriate indagini di laboratorio. Per molte malattie rare come la mucoviscidosi o la distrofia muscolare di Duchenne, è sufficiente l'alterazione (mutazione) di un solo gene, che si manifesta in genere con la comparsa di una serie di segni caratteristici, mentre per la maggior parte delle malattie comuni come il diabete, l'ipertensione, le malattie neuro-psichiatriche, e così via, l'effetto delle variazioni dei geni è modulato dall'influenza esercitata dal resto del genoma (patrimonio genetico) e dall'ambiente. Questo spiega la distinzione tra le malattie puramente genetiche rare, talvolta chiamate mendeliane o monogeniche, la cui apparizione può essere predetta nel momento in cui si conosce il gene responsabile o perfino la sua sola localizzazione - e le malattie comuni, la cui origine è multifattoriale e per le quali la presenza di un fattore di predisposizione in un individuo non comporta necessariamente la comparsa della malattia.

Certo, le malattie puramente genetiche sono rare, anche se, come abbiamo visto, sono numerose e ne sono state diagnosticate oltre 5000: oggi conosciamo circa un migliaio di geni responsabili della loro comparsa, mentre al contrario conosciamo pochi geni che predispongono alle malattie comuni. Anche le malattie comuni hanno una componente genetica, e i loro fattori di predisposizione potranno in futuro essere scoperti più facilmente grazie alle conoscenze acquisite con lo Human Genome Project, il progetto mondiale di sequenziazione del genoma umano. Le malattie genetiche si dividono in quattro categorie: le malattie cromosomiche coinvolgono la mancanza o la presenza in eccesso di un cromosoma, o la presenza di un cromosoma in cui sono presenti lesioni osservabili al microscopio; le malattie monogeniche sono determinate invece da un solo gene mutante, e vengono trasmesse con un meccanismo ereditario di tipo mendeliano: le malattie multifattoriali sono il prodotto dell'interazione di molti geni e di molti fattori ambientali, e la loro trasmissione ereditaria è molto complessa; e infine, le malattie legate a eredità mitocondiale sono prodotte dall'alterazione del DNA mitocondriale che si trasmette solo in linea femminile.

Il ruolo delle associazioni a sostegno delle famiglie e dei pazienti di malattie genetiche rare Sono tante le associazioni che in Italia rappresentano i malati e le loro famiglie. Tra queste c’è la Co.Ge.Mar Coordinamento genitori malattie rare, una Onlus, che si batte per sostenere i genitori e divulgare il concetto della conoscenza, di come affrontare, come ci dice il presidente Antonio Manzo, “questa falcidie poco conosciuta – se non negli ambienti scientifici – delle cosiddette malattie rare. Quelle che colpiscono nel 50% dei casi, i bambini in tenera età. Un evento atroce che, quando si abbatte su una famiglia, distrugge il vivere quotidiano di grandi e piccoli”. L’unione, la tenacia, fra questi genitori in lotta, prosegue Manzo, papà di Manuel “possono sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica, la volontà e la voglia di compartecipazione al fenomeno delle “malattie rare”. Certo la battaglia, aggiunge, “deve essere partecipata da tutti, senza remore o timori anche se velate da grande riservatezza. Occorre dire che la sofferenza dei piccoli consente a chiunque di esprimere una grande umanità ma che abbiamo bisogno del sostegno delle istituzioni. Spesso rimaniamo siamo soli a curare i nostri figli, genitori, parenti e anche noi spesso non ce la facciamo a sostenere il peso del dolore di vedere i nostri piccoli così vulnerati e così fragili di fronte alla malattia. Aiutateci, ve ne saremo grati”.

Nella foto in basso, il professor Silvio Garattini