di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)
Gli sviluppi delle ultime ore nelle vertenze di Alcoa e Carbosulcis, nella provincia di Carbonia-Iglesias, non mettono a tacere le polemiche e le ansie per la sorte di tanti lavoratori, per la loro passionale, e vitale, protesta, e per la stessa economia dell’isola. E i prossimi giorni non si annunciano più tranquilli.
Perché la miniera di carbone di Nuraxi Figus, nel comune di Gonnesa e in provincia di Carbonia-Iglesias, gestita dalla società per azioni Carbosulcis, di cui è proprietaria al 100% la Regione Sardegna, avrebbe dovuto chiudere entro il 31 dicembre 2012?
Perché lo stabilimento della Alcoa di Portovesme, nel comune di Portoscuso, stessa provincia della Carbosulcis, dovrebbe spegnere gli impianti entro il 31 dicembre 2012?
CARBOSULCIS Spa
La miniera di Nuraxi Figus. Dopo l’incontro di venerdì mattina con il sottosegretario allo Sviluppo Economico De Vincenti e soprattutto al termine del vertice, durato più di due ore, con il ministro Passera, il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, ha potuto confermare quanto già emerso nei giorni scorsi e cioè che il governo presenterà al Parlamento una richiesta di proroga di sei mesi rispetto alla scadenza del 31 dicembre indicata dalla legge n. 99 del 2009 e la Regione da parte sua si impegna a rivedere il progetto per il carbone pulito. Venerdì scorso Cappellacci ha anche incontrato il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, che ha ricordato l’esistenza di un bando da 300 milioni di euro di fondi comunitari per il taglio dell’anidride carbonica. Nel Consiglio regionale del 29 agosto, Cappellacci ha indicato per il Sulcis un piano da 350 milioni di euro.
La legge 99 del 2009 avrebbe dovuto sanare la procedura di infrazione comunitaria sulla privatizzazione della Carbosulcis, perché erano stati previsti aiuti di Stato, e anche attuare il progetto miniera-centrale elettrica con il valore aggiunto dello stoccaggio dell'anidride carbonica "ad emissioni zero", entro il dicembre di quest’anno.
Dal 1996 la Regione ha preso in carico la Carbosulcis Spa con l’obiettivo di guidarne la privatizzazione. E questa privatizzazione finora non è intervenuta. Un decreto del Presidente della Repubblica del 1994 aveva stabilito che l’Enel acquistasse il carbone dalla miniera a un prezzo maggiorato. Ma l’Enel ora non lo compra più dalla Carbosulcis, anche per i vincoli di eco-sostenibilità energetica, e la miniera rischia di restare inattiva. E i lavoratori di trasformarsi in disoccupati.
Esiste però un progetto “miniera-centrale elettrica” con il valore aggiunto dello stoccaggio dell'anidride carbonica, CO2, "ad emissioni zero", che rappresenta l'unica possibilità di sopravvivenza del giacimento carbonifero. E, come ricordava Tajani, l’Ue ha emesso dei bandi per soluzioni energetiche di questo tipo.
Il potenziale produttivo della struttura è di 1.500.000 tonnellate di carbone mercantile all'anno e le riserve stimate del giacimento carbonifero ammontano ad oltre 2 miliardi di tonnellate. La società ha investito risorse per intensificare le proprie attività di ricerca per migliorare i sistemi di estrazione ed implementare le produzioni di combustibili fossili. Ma sembra che non basti. In attesa che si definisca la procedura di infrazione comunitaria e che l’Ue sblocchi i fondi, si potrebbe avviare una nuova tecnica, la "lisciviazione" del carbone, che abbattendo la presenza dello zolfo contenuto nelle riserve di carbone del Sulcis, ne ridurrebbe l'impatto ambientale non solo in termini di emissioni di gas e fumi, ma anche di residui della combustione, ceneri e gessi, da conferire in discarica. Nel frattempo, il governo ha deciso dunque di chiedere una proroga di sei mesi, entro i quali la Regione Sardegna dovrà presentare un piano dettagliato per la riconversione dell’attività della miniera. I lavoratori si dimostrano scettici e, con la fiducia nel cuore accesa da questo previsto rinvio, dopo una settimana di strenua protesa, si prendono qualche ora di riposo. Ma già lunedì, alle 8.30, si riuniscono in Assemblea in quel profondo tunnel di luci e ombre.
ALCOA di PORTOVESME
L’Alcoa Inc è un’azienda americana, terza nel mondo come produttrice di alluminio, dietro la canadese Rio Tinto-Alcan e il gruppo russo RusAl. Ha la sua sede operativa a Pittsburgh, in Pennsylvania, e gestisce operazioni in 44 Paesi.
Il ramo italiano dell’azienda opera dal 1967 a Milano. Nel 1996 acquisisce la società Alumix, della Efim, finanziaria per le partecipazioni statali. Ha linee produttive di laminati a Fusina (Venezia) e di alluminio primario a Portovesme.
Con un piano di ristrutturazione globale dell’azienda, è stata prevista la chiusura dello stabilimento sardo, entro la prima metà del 2012.
Venerdì scorso il presidente della Regione Cappellacci ha incontrato a Roma i vertici della società americana e della svizzera Glencore. Questa potrebbe subentrare nella proprietà Usa, ma vuole verificare i presupposti di acquisto, prima di dare una risposta. Per questo ha chiesto una settimana di tempo.
La Alcoa però ha rifiutato qualsiasi ipotesi di ulteriore dilazione. E così ha già messo in atto le procedure di spegnimento di alcune “celle elettrolitiche”.
Certo, l’operazione di fermo degli impianti è lunga e “ancora nulla è perso”, ha detto a Televideo il governatore sardo Cappellacci. C’è ancora tempo per arrivare a un accordo con gli svizzeri e per completare, ma soprattutto a questo punto per scongiurare, la chiusura dello stabilimento.
Lunedì 3 settembre Cappellacci terrà una nuova riunione con Glencore. Quella ufficiale con il Ministero per lo Sviluppo Economico è in programma a Roma, mercoledì 5, giorno in cui sono state convocate le rappresentanze sindacali unite. Che hanno avuto un sabato di fuoco: prima una lunga Assemblea nello stabilimento di Portovesme, poi un incontro con i dirigenti della società, ai quali è stato illustrato un documento votato all’unanimità da tutti i lavoratori e da tutte le sigle sindacali. In sostanza, gli operai hanno deciso di chiedere all’azienda di spegnere non più di 12-13 celle elettrolitiche entro il 6 settembre (tra l’altro si tratta di celle che sono a fine-vita, avendo accumulato oltre 3 mila giorni di marcia).
Il 4 settembre poi partiranno per Roma con circa 300 lavoratori per sostenere la trattativa al Mise, nella nuova riunione con Alcoa programmata per il giorno dopo. Al rientro, il 6 settembre, altra Assemblea a Portovesme.
Prima ancora, lunedì 3 si rinnova l’incontro tra lavoratori e società Alcoa, nella sede di Confindustria, a Cagliari.