Culture


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Ebraismo, viaggio alle origini dell'Europa

Il libro di Anna Foa sulla difficile identità del popolo ebraico g

di Carla Toffoletti

‘Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento’, è l’ultimo libro di Anna Foa, docente di Storia Moderna e Contemporanea alla Sapienza di Roma. Nel corso del '900 il mondo ebraico cambia radicalmente. Freud, Einstein, Schoenenberg, scrittori, artisti e poeti ebrei segnano indelebilmente la cultura del secolo scorso. Un intreccio tra la volontà di farsi uguali agli altri, vale a dire integrarsi, e una durevole percezione di sé come di un'identità di confine. Accanto a questo processo di crescita si rinnova, però, anche l'antisemitismo fino all'avvento di Hitler e allo sterminio degli ebrei.

Che significato ha questo libro, perché l’ha scritto?
L’ho scritto per riannodare un po’ il filo di un vecchio discorso di sintesi di ‘storia degli ebrei in Europa’ che avevo iniziato tanti anni fa con un libro precedente che andava dal ‘300 a tutto l’800. Il titolo ‘Diaspora”, che potrebbe sembrare strano, è riferito a un periodo come il ‘900, in cui nasce lo Stato d’Israele, ma in realtà il mio libro voleva molto insistere sulla matrice diasporica dell’esperienza tanto americana, tanto israeliana, cioè di questo nucleo culturale, creativo, identitario che è la diaspora europea ancora prima della Shoah. Penso alla Russia, agli ebrei russi e quella straordinaria creatività che esprimono. Ma anche al grande mondo tedesco. L’ebraismo diasporico europeo si è poi esaurito come creatività ed è stato seppellito in gran parte dalla Shoah, ma sono rimasti questi due poli, le cui radici europee sono forse ancora vive, e comunque vanno riscoperte.

Quali sono i temi salienti che tocca nel libro?
L’emigrazione degli ebrei verso l’America e anche verso città come Londra e Parigi dall’est Europa, e la formazione di un proletariato ebraico, cosa abbastanza sconosciuta in questo mondo in cui si pensa, che gli ebrei siano solo commercianti, anche perché gli ebrei italiani non sono mai stati proletari e invece lo sono stati a Londra, Parigi, New York e nelle grandi città degli Stati Uniti. Le vicende dell’ebraismo europeo fino alla Grande Guerra, e alle trasformazioni che si sono determinate nell’est Europa, con la scomparsa dell’Impero Asburgico. Il secondo capitolo parla degli antisemitismi fino a quello che io chiamo “i semi di nazismo”. Vale a dire il preludio all’antisemitismo nazista e l’idea di razza superiore. Il terzo capitolo parla della grandissima esplosione culturale, dell’incontro con la modernità e di quella che è la creatività e la grande esperienza ebraico tedesca. Poi parlo del sionismo. Un capitolo è dedicato alla Shoah. Un capitolo è dedicato alla nascita dello Stato di Israele e al conflitto israelo palestinese fino al ’67. L’ultimo capitolo guarda un po’ più verso il futuro in maniera meno espositiva e più problematica e si intitola ‘Le nuove identità’. Cerca di capire cosa succede in questo mondo cosi’ cambiato dal ’45 a oggi, in cui l’ebraismo europeo in qualche modo scompare, e in cui i due poli dell’ebraismo sono invece le Americhe e Israele.

Il tema dell’identità ebraica, della sua specificità che non va mai smarrita, ma che non va vissuta come separazione.
Per carità! Questa storia del ‘900 è una storia di grandi fusioni, di grandi incontri culturali, dell’uscita degli ebrei nel mondo esterno. Uscita che gli è permessa dall’esterno, perché non dimentichiamo che questa chiusura e’ stata un po’ imposta. Quando questo obbligo cade c’è una grande apertura al mondo. Pensiamo alla grande fusione tra la cultura tedesca e la cultura ebraica, che dà vita poi alla cultura europea del primo ‘900. La cultura di lingua tedesca è quasi tutta ebraica. Sionismo stesso che nasce come una forza rivoluzionaria radicale sia verso il mondo esterno sia all’interno dell’ebraismo. Nell’ "Oblio" di Elie Wiesel, premio nobel per la pace nel 1986, Malkiel, il protagonista, sintetizza così il suo essere ebreo: ‘Se sono ebreo sono un uomo. Se non lo sono non sono nulla. Solo così potrò amare il mio popolo senza odiare gli altri’. Questa e’ la grande vocazione universalistica dell’ebraismo, quella che gli ebrei tedeschi hanno addottato in tutta la loro storia di fusione con il mondo esterno, e che è poi sfociata tragicamente in Auschwitz. E’ questa tensione universalistica in cui spesso, in identità frammentate, differenziate, ritroviamo anche tentazioni particolaristiche.