Ex maggiordomo Papa rinviato a giudizio


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Vatileaks, una vicenda intricata

Oro e carte in casa di Gabriele. E salta fuori un complice, l'analista programmatore della segreteria vaticana. Processo a settembre, ma l'istruttoria resta aperta g

"Le indagini non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l'oggetto complesso di questa istruzione". E' quanto scrive, nella sua sentenza di rinvio a giudizio, nei confronti di Paolo Gabriele per furto aggravato e di Claudio Sciarpelletti per favoreggiamento, il giudice Piero Antonio Bonnet del Tribunale di Stato della Citta' del Vaticano.

Lo stesso portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi, nella conferenza in sala stampa vaticana, conferma che "la sentenza emessa di rinvio a giudizio e' solo una conclusione parziale: l'istruttoria continua e rimane aperta, sia nei confronti delle stesse persone per altri reati, sia per altre persone, per verificare l'esistenza di altre eventuali responsabilita'. Il compito della magistratura prosegue, nei tempi e nei modo opportuni".

Per quanto riguarda Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti, vi sara' un unico processo penale con un Tribunale costituito da tre giudici. La data non e' ancora fissata ma in ogni caso se ne parlera' non prima della fine del prossimo mese, in quanto fino al 20 settembre il Tribunale e' chiuso. La pena prevista dal Codice canonico per il reato per cui e' imputato il maggiordomo del Papa va da un minimo di 1 a un massimo di 6 anni, salvo l'intervento di grazia da parte di Benedetto XVI, se rispondesse alla richiesta presentata dallo stesso Gabriele con una lettera-domanda affidata alla Commissione cardinalizia voluta dal Papa.

E in ogni caso, ricorda padre Lombardi, "i due imputati sono entrambi incensurati e quindi con la possibilita' anche del perdono giudiziale" per quanto riguarda la pena da scontare. Non potra' invece esserci patteggiamento. Molto meno, "da nulla a poco" secondo quanto riferito da padre Lombardi, rischia invece l'impiegato informatico della Segreteria di Stato vaticana. Sia Paolo Gabriele sia Claudio Sciarpelletti, il primo agli arresti domiciliari il secondo il liberta' provvisoria, restano in sospensione cautelare ma con il pagamento dello stipendio.

Oro e carte in casa di Gabriele
Un assegno del Papa da 100.000 euro. Nella sentenza di rinvio a giudizio si legge tra l'altro che fra il materiale sequestrato al maggiordomo del Pontefice, i gendarmi hanno rinvenuto anche "un assegno del 26 marzo 2012 intestato a Sua Santità Benedetto XVI relativo a una somma di 100mila euro, una pepita presunta d'oro e una edizione della traduzione dell'Eneide di Annibal Caro del 1581". Si tratta di oggetti che erano stati regalati a papa Ratzinger. L'assegno proveniva dall'Universitad catolica San Antonio di Guadalupe, la pepita era stata mandata a Sua Santità dal signor Guido Del Castillo, direttore dell'Aru di Lima, mentre il volume dell'Eneide era stato inviato dalle famiglie di Pomezia. Gabriele ha giustificato questa circostanza con il caos nel quale erano le sue cose. "Non sapevo di averlo in casa". Gabriele non sapeva di avere in casa un assegno intestato al Papa e quindi "non ha neanche mai lontanamente pensato di incassarlo", ha detto Carlo Fusco, legale dell'ex maggiordomo, sottolineando che l'assegno "è andato per sbaglio" a finire fra altre carte. Riguardo al ritrovamento della copia antica dell'Eneide, Gabriele ha dichiarato in istruttoria: "ricordo che avendo mio figlio cominciato lo studio di quel poema chiesi a monsignor Gaenswein se potevo far vedere il libro al professore di mio figlio. Lui mi disse di sì e il libro rimase a casa mia in attesa di essere restituito".

Le carte bruciate
Gabriele riferisce anche di essere stato intervistato anonimamente da Nuzzi per la trasmissione 'Gli Intoccabili' (La7). Nel documento, presentato in Vaticano, si riferisce anche di un confronto tra Gabriele e il segretario del Pontefice, monsignor Georg Gaenswein, al momento in cui quest'ultimo, accertato il furto delle carte riservate, ha comunicato a Paolo Gabriele la sospensione 'ad cautelam'. "Lui ha allora detto che in questo modo era stato trovato il capro espiatorio della situazione. Molto freddamente - prosegue Gaenswein a quanto riportato sul dispositivo di rinvio a giudizio - mi ha poi detto che era tranquillo e sereno avendo avuto un colloquio con il suo padre spirituale". Gabriele riferisce di aver passato le stesse carte date a Nuzzi anche a questo padre spirituale, il quale - sempre secondo la sentenza della magistratura vaticana - ha poi bruciato i documenti.

Il rapporto con Nuzzi
Riguardo al rapporto con Nuzzi, il cui libro "Vaticano SPA" l'aveva molto colpito, l'imputato Gabriele ha precisato ai giudici "di aver conosciuto tramite internet sia il fatto che il giornalista stava preparando sull'emittente televisiva 'La7' una trasmissione 'Gli Intoccabili' sia l'indirizzo della redazione romana che era sito in Via Sabotino". Non chiarisce però come sia riuscito a contattare il giornalista.

"Io infiltrato dello Spirito Santo nella Chiesa". Ero sicuro - spiega ancora Gabriele nella sentenza di rinvio a giudizio - che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel suo giusto binario. Inoltre nei miei interessi c'è sempre stato quello per l'intelligence, in qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera un infiltrato".