di Ivan Miceli
Cominciamo incrociando le dita. Ci sono importanti novità nell’ambito delle neuroscienze e, in particolare, nella prevenzione e cura dell’Alzheimer. Buone notizie anche nelle terapie per le malattie autoimmuni, cioè artrite reumatoide e psoriasi. Una malattia, questa, di particolare rilievo per la stagione estiva e per l’abbigliamento che lascia scoperte molte parti del corpo, soprattutto in spiaggia.
Nella sede britannica di un laboratorio di ricerca internazionale realizzato alle porte di Londra lavorano complessivamente alla scoperta ed allo sviluppo di nuovi potenziali farmaci oltre 600 persone, di più di 30 diverse discipline e di 45 differenti nazionalità: qui l’integrazione dà i suoi frutti.
Il laboratorio nei pressi della capitale inglese sta affrontando le nuove sfide nell’ambito delle neuroscienze con il supporto di prestigiose università come quelle di Oxford , Cambridge, Kings College di Londra, Bristol, Cardiff, e Maynooth in Irlanda. Non solo.
Il centro di ricerca collabora anche con alcune delle più prestigiose strutture accademiche italiane: l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, quella di Bologna, di Torino, la Statale di Milano e la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste.
“Qui la ricerca scientifica assorbe risorse imponenti”, sottolinea la dottoressa Sarah Chatam, Managing Director . “Il nuovo laboratorio, aggiunge, ospita ricercatori che si dedicano alla scoperta e alla sperimentazione di nuove molecole nell’ambito delle neuroscienze ed in particolare morbo di Alzheimer e di Parkinson, schizofrenia, disturbi dell’umore ,problemi del sonno e rischio di demenza”.
“I disturbi neuropsichiatrici sono sottostimati: si pensi che da soli rappresentano il 28% dei casi nel mondo di disabilità rispetto all’11% del cancro, quasi il triplo”spiega Andrea Fagiolini, Direttore Dipartimento Internazionale di salute mentale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese “i fattori più comuni concomitanti con la diagnosi della malattia sono anche i momenti del vissuto dei pazienti con importanti ricadute sulla loro vita sociale, ad esempio il pensionamento, la compromissione dello stato di salute generale o anche il lutto di un familiare stretto come il coniuge”.
Sulla base di una recente pubblicazione della prestigiosa rivista scientifica internazionale Lancet emerge che l’esercizio fisico riduce del 50% il rischio di sviluppare una demenza e del 40% il morbo di Alzheimer. Inoltre, un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature l’11 luglio 2012 spiega come, intervenendo sulla la proteina precursore della molecola beta-amiloide responsabile delle placche senili, si possa avere una protezione dalla malattia di Alzheimer. È stato infatti dimostrato che, modificando un gene si svilupperebbe un effetto protezione dalla malattia di Alzheimer e dai declini cognitivi legati all'età.