di Sandro Calice di Alexandre de la Patellière e Matthieu Delaporte. Belgio, Francia 2012, commedia (Eagle Pictures)
con Patrick Bruel, Valerie Benguigui, Charles Berling, Guillaume De Tonquedec, Judith El Zein, Françoise Fabian, Miren Pradier.
Altro che il tanto celebrato “Quasi amici”, diciamolo, un po’ furbetto. La migliore commedia francese degli ultimi tempi è questa “Cena tra amici”, traduzione al ribasso e non brillante dell’originale “Le prénom”.
Vincent (Bruel) ha le idee chiare, da quand’era bambino. E’ un vincente, lo dice il nome stesso, e ha la vita che vuole: bellezza, un lavoro prestigioso, soldi, una bella moglie e un figlio in arrivo. Per questo la sorella Babou (Benguigui), donna preziosa, insegnante e casalinga frustrata, lo invita a cena per festeggiare. Ci sarà ovviamente suo cognato Pierre (Berling), docente universitario e intellettuale presuntuoso, e l’amico di infanzia Claude (De Tonquedec), ottimista e introverso trombonista. Aspettando la futura mamma Anne (El Zein), donna d’affari perennemente impegnata, gli amici incalzano Vincent sul nome che intende dare al bambino. Lui nicchia, svicola, tergiversa, ma quando alla fine lo confessa la festa si trasforma in tragedia.
Alexandre de la Patellière e Matthieu Delaporte portano al cinema la loro acclamata pièce teatrale “Le prénom”, mettendosi dietro la macchina da presa con un unico, riuscito, imperativo: replicare esattamente atmosfere e ritmi della commedia originale, senza lasciarsi distrarre dalle potenzialità del cinema (se non in termini di montaggio). Sei attori, dunque, gli stessi del cast originale eccetto Berling, chiusi nello spazio di un appartamento, con null’altro che la potenza evocativa delle parole. Una raffica irresistibile di battute e calembour (che speriamo non perdano efficacia nel doppiaggio), una pioggia intelligente di dialoghi a due, a tre, a sei, dove il metronomo della tensione oscilla in brusche accelerate e sorprendenti frenate, un registro sapientemente sballottato tra commedia e “tragedia” senza darci il tempo di prendere fiato e posizione. Il nome del bambino è solo un pretesto, il primo sfiato di un vulcano che nasconde ipocrisie e menzogne pronte ad esplodere. Ci sono sei persone, rappresentanti tipici della borghesia (parigina in questo caso, ma latina in generale, quindi anche italiana), che si conoscono da una vita ma che non si sono mai veramente parlati. Questo è il momento, esilarante, drammatico, inaspettato, dirompente in cui ognuno di loro, senza eccezioni, è costretto a farlo. Probabilmente non resterà a lungo nelle sale, vedete di non perdervelo.
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