di Cinzia Gorini
Non sono solo le donne a subire violenze e maltrattamenti. A protezione di tutte le fasce deboli della popolazione, di chiunque subisca abusi, ecco il “Codice rosa”. Nasce in un pronto soccorso ma va subito oltre. Nasce dall’esigenza di individuare e seguire i casi di vittime di soprusi che, troppo spesso, non hanno nemmeno il coraggio di denunciare i propri aguzzini. Perché hanno paura. Perché temono di non essere capiti, di restare soli e di subire le conseguenze della loro denuncia. Perché non gli è chiaro il concetto che non è cosa normale subire coercizioni o prendere botte.
“Codice rosa” è una task force inter - istituzionale che origina da un protocollo d’intesa siglato tra sanitari e Procura della repubblica, ma è soprattutto una squadra che mette insieme medici, infermieri, psicologi, magistrati, forze dell’ordine e volontari.
Immediati e coordinati gli interventi operativi, che scattano non appena c’è il sospetto di una violenza. Questi interventi sono regolati da protocolli comuni e condivisi per garantire la cura delle vittime, lo scambio di informazioni tra sanitari e Procura, e poter così monitorare situazioni di disagio che possono protrarsi nel tempo. Questo anche quando la vittima di violenza non presenta denuncia.
Questo nuovo “Codice” dedicato al colore femminile per antonomasia, il rosa, al pronto soccorso si affianca ai 4 tradizionali (bianco, verde, giallo e rosso) che indicano, in ordine crescente la gravità del caso, valutata all’accettazione.
Del “Codice rosa” si è parlato al Forum della pubblica amministrazione in corso a Roma. A promuoverlo, a farlo conoscere, certi che provocherà un “effetto domino”, l’assessore alla Sanità della Regione Toscana, Daniela Scaramuccia, che lo ha presentato con Danilo Zuccarelli e Vittoria Doretti della Asl 9 di Grosseto, dove “codice” e protocollo sono stati inventati grazie ad una intuizione della seconda e alla disponibilità del primo, che è il direttore sanitario. Il “codice” è già stato adottato in altre 4 Asl toscane (Arezzo, Viareggio, Pistoia e Lucca) ma sta riscuotendo interesse da Bari a Treviso. Diverse le Regioni interessate a mutuare nel proprio territorio questo progetto.
La vera innovazione consiste nel formare operatori sanitari in grado di identificare le vittime di violenza, spiega l’assessore Scaramuccia, e nel lavoro congiunto tra sanitari e forze dell’ordine, “che non è solo un protocollo, ma è fiducia reciproca”.