Crisi dimenticate


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Il silenzio che può uccidere

Il rapporto di medici senza frontiere crisi_dimenticate2011_3_296

di Bianca Biancastri
(b.biancastri@rai.it)


Uno squilibrio nell’accesso all’informazione tra crisi e crisi, tra Nord e Sud del mondo. Una disuguaglianza creata dai media nella copertura dei bisogni umanitari che dà però la misura sulla mobilitazione di risorse e aiuti. Crisi dimenticate perché poco si sa di quelle popolazioni che soffrono in vaste aree del pianeta e questo può fare la differenza tra la vita e la morte. E stupisce la tendenza al provincialismo dei mezzi di informazione, in un mondo sempre più globalizzato. E’ per questo che organizzazioni umanitarie come Medici senza Frontiere cercano di dare voce a chi non fa notizia solo perché è lontano dai nostri occhi.

Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Bahrein, Sudan e Sud Sudan, Paesi flagellati da guerre e emergenze nutrizionali, Aids e malattie tropicali. Su queste crisi umanitarie raramente si accendono i riflettori nel mondo, Italia compresa. Nel 2011, secondo il rapporto di Medici senza Frontiere sulle crisi dimenticate, i media hanno dedicato molto più spazio alle nozze reali britanniche (413 notizie) che a tutte queste emergenze messe insieme. Persino l'influenza stagionale ha avuto più titoli e pagine delle emergenze sanitarie nei Paesi in via di sviluppo. Solo 5 i servizi dedicati alla Repubblica Democratica del Congo nel 2011, secondo l'Osservatorio di Pavia che ha curato il rapporto, 10 alla Costa d'Avorio, 14 quelli sull'Aids,nessuno sulle malattie tropicali neglette che falcidiano la popolazione dei Paesi in via di sviluppo. In ombra anche il Bahrein con 24 notizie, di cui ben 7 dedicate al Gran Premio di Formula 1 e alla sua cancellazione, 41 le notizie sull'emergenza nutrizionale nel Corno d'Africa, 44 sul Sudan. L'Aids è ormai invisibile. Se ne è parlato soprattutto in relazione ai viaggi del Papa. L'influenza stagionale è stata invece “coperta” dai tg con 92 servizi.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore? Pare valere sempre di più per i media. Per i tg conta più un morto "nazionale" che cinque in un Paese europeo, venti in Egitto, cinquecento in India e addirittura mille in Cina, secondo il contributo di Mario Morcellini al rapporto di Msf. La notiziabilità è peraltro influenzata da fattori tecnologici e logistici, come la presenza di uffici di corrispondenza. Là dove questi non sono e dove non ci sono reporter è più difficile controllare l’attendibilità delle notizie, delle testimonianze, nonostante il recente “giornalismo” delle nuove tecnologie e dei social network che ci fanno giungere voci dai Paesi “non mediatizzati”.

Medici senza Frontiere chiede ai media di accendere i riflettori su crisi umanitarie e emergenze sanitarie scomparse dai notiziari. Come quella del Sahel. Dalla fine di gennaio 160mila maliani sono fuggiti dopo un golpe nel loro Paese verso i campi di Burkina Faso, Mauritania e Niger, dove gli aiuti internazionali non sono sufficienti. Nel campo improvvisato di Mbera, in Mauritania, che si trova nel bel mezzo del deserto, i residenti condividono una latrina ogni 220 persone. Inoltre, ricevono solo 11 litri di acqua a persona al giorno e il cibo distribuito dal Programma Alimentare mondiale non è adeguato alle esigenze nutrizionali dei bambini. L’insicurezza alimentare è una minaccia sia per i profughi maliani che per le comunità ospitanti, che già soffrono per la scarsità dei raccolti, denuncia l’organizzazione umanitaria.

L'ondata di migranti in fuga seguita alla Primavera araba non ha rappresentato una crisi dimenticata (1.391 le notizie sul tema) ma preoccupa il modo in cui è stata presentata, secondo Msf. Troppo spesso gli sbarchi a Lampedusa sono stati definiti “un’emergenza” mentre poco si è parlato delle condizioni sanitarie dei migranti. Il dato più sconcertante, come rilevato dall’indagine sulle edizioni serali nel 2011 dei Tg Rai, Mediaset e La7, è che nei servizi è praticamente assente la voce dei migranti (solo il 14% contro il 65% di quella dei politici). Colpisce il lessico "da guerra" usato per raccontare gli sbarchi a Lampedusa. “Invasione”, “occupazione”, “tregua”, “bomba, “polveriera”, “esplosione”, i termini molto usati. Inoltre continuano ad essere usati, in modo sbagliato, i termini profughi (15%) e clandestini (12%). Nelle immagini utilizzate, rileva infine Msf, i bambini che approdano sulle coste italiane sono mostrati nei video a volto scoperto.

L’APPELLO PER LA SIRIA DI MEDICI SENZA FRONTIERE
"La nostra denuncia su quanto accade in Siria significa non solo che purtroppo non viene da mesi rilasciata nessuna autorizzazione ufficiale a Medici senza Frontiere per intervenire e che l'organizzazione deve trovare altri modi per soccorrere la popolazione anche attraverso missioni non autorizzate, ma anche e soprattutto che tutti coloro che in Siria cercano di portare assistenza medica sono visti come una minaccia, al punto che chi cura un paziente corre gli stessi rischi che se partecipasse a un’azione di guerra". Sergio Cecchini, direttore Comunicazione di Medici senza Frontiere, spiega a Televideo che “le strutture sanitarie in Siria sono nel mirino, sono bersagli di attacchi e di violenze per cui ci si muove in strutture sanitarie clandestine che non garantiscono standard adeguati per effettuare gli interventi di chirurgia.

Perché è necessaria l’informazione sulle crisi umanitarie?
"Perchè partiamo dalla consapevolezza dimostrata dai fatti che il primo modo per risolvere un problema sia conoscerlo e farlo conoscere. Dico dimostrato dai fatti perchè questo è evidente nella lotta all'Aids. A garantire che i farmaci contro il virus raggiungessero prezzi accessibili è stato il ruolo e la copertura data dai media che hanno spinto le multinazionali farmaceutiche ad accettare di far produrre versioni generiche senza brevetto e quindi a far crollare il costo da 10mila dollari all’anno per paziente a poco più di 100 dollari”.

“Parlare dei rifugiati maliani in Mauritania, Niger e Burkina Faso, significa anche spingere altre organizzazioni internazionali a conoscere il problema e magari a mobilitarsi. Non parlarne significa accettare il fatto che probabilmente non sta succedendo niente oppure che non c’è bisogno di nulla”.

AIDS E CRISI DIMENTICATE, NON E’ VERO CHE NON INTERESSINO AGLI ITALIANI
“Siamo convinti fortemente che è una visione miope il fatto di dire che gli italiani non sono interessati alle crisi che succedono in Paesi lontani. E questo lo possiamo sostenere davvero con il comportamento dei sostenitori e donatori non solo nostri ma anche di altre organizzazioni. La gente è interessata, anche perché sono argomenti che hanno conseguenze su tutti. Per esempio, i campi di detenzione dei migranti in Libia durante il regime di Gheddafi erano costruiti con i soldi dei contribuenti italiani e perché gli italiani non dovrebbero sapere che cosa succedeva là dentro? “, si chiede Kostas Moschochoritis, direttore generale di Medici senza Frontiere Italia.

“Prendiamo la lotta alla pandemia Hiv, cui Ue e Italia contribuiscono con i loro fondi. Perchè non dobbiamo avere più notizie quando invece siamo in un momento cruciale di questa battaglia? Proprio ora che la scienza ci ha reso capaci di vincerla? E proprio adesso succede che i fondi disponibili per per sconfiggere l'Aids sono drasticamente diminuiti. Perchè gli italiani non debbono sapere che se non paghiamo adesso potremmo pagare per sempre?. A loro certo interessa”.

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